Attualità
La commemorazione dei defunti rischia di farsi soppiantare dalla festa di Halloween
Dormono sulla collina. Così Fabrizio De Andrè mise in musica l’Antologia di Spoon River, capolavoro di Edgar Lee Masters, che racconta, in forma di epitaffi, la vita dei residenti di un paesino immaginario degli Stati Uniti sepolti nel cimitero locale. Il libro, cult di molte generazioni, in Italia riscosse grande successo.
Grazie alle traduzioni di Cesare Pavese e di Fernanda Pivano e al successivo capolavoro di De Andrè che celebrò in musica alcuni dei personaggi narrati nel libro.
Ricordare quest’opera oggi non è casuale: domandarsi il senso dell’aldilà, attraverso il racconto delle inquietudini provate in vita, genera una riflessione profonda, anche nel mondo laico.
In una società sempre più secolarizzata, il culto cristiano di commemorazione dei defunti rischia però di farsi soppiantare dalla festa scanzonata di Halloween che, con una mascherata carnevalesca, esorcizza il timore della morte, prendendosene gioco e non induce al raccoglimento sulla vita e sul suo epilogo. Non si tratta di timore per i cambiamenti, la mia fede personale e quella di tante altre persone non è intaccata da questa festa, ma il successo che riscuote tra le nuove generazioni, a lungo andare, snatura il culto secolare dei morti, rischiando di incoraggiare atti che sconfinano nel sacrilego, come già accaduto nel Biellese.
Quando ero un giovane “lupetto” in questo periodo andavamo nel cimitero di Biella a ripulire le tombe, togliere le erbacce, risistemare la ghiaia e ricomporre, sulle lapidi, le lettere dei nomi di defunti avvolti nell’oblio, stabilendo con loro una sorta di tacita sintonia spirituale. Riportare ancora oggi i ragazzi nei cimiteri del Biellese per abbellire le tombe e ridare dignità ai defunti che “dormono sulla collina” dimenticati, farebbe riscoprire le nostre “Spoon River” aiutando a far rivivere la memoria di una comunità.
Montale in una sua poesia diceva “Abbiamo ben grattato col raschino ogni eruzione del pensiero”. Se perdessimo la tradizione di commemorazione dei defunti, dove i dolori privati si fondono nel ricordo collettivo in un rito sacro, saremo sempre più esposti all’imbarbarimento per esserci appiattiti su uno stato illusorio di perenne divertimento, dove anche il pensiero della morte diventa un pretesto per un “dolcetto o scherzetto”.
Ricordare quest’opera oggi non è casuale: domandarsi il senso dell’aldilà, attraverso il racconto delle inquietudini provate in vita, genera una riflessione profonda, anche nel mondo laico.
In una società sempre più secolarizzata, il culto cristiano di commemorazione dei defunti rischia però di farsi soppiantare dalla festa scanzonata di Halloween che, con una mascherata carnevalesca, esorcizza il timore della morte, prendendosene gioco e non induce al raccoglimento sulla vita e sul suo epilogo. Non si tratta di timore per i cambiamenti, la mia fede personale e quella di tante altre persone non è intaccata da questa festa, ma il successo che riscuote tra le nuove generazioni, a lungo andare, snatura il culto secolare dei morti, rischiando di incoraggiare atti che sconfinano nel sacrilego, come già accaduto nel Biellese.
Quando ero un giovane “lupetto” in questo periodo andavamo nel cimitero di Biella a ripulire le tombe, togliere le erbacce, risistemare la ghiaia e ricomporre, sulle lapidi, le lettere dei nomi di defunti avvolti nell’oblio, stabilendo con loro una sorta di tacita sintonia spirituale. Riportare ancora oggi i ragazzi nei cimiteri del Biellese per abbellire le tombe e ridare dignità ai defunti che “dormono sulla collina” dimenticati, farebbe riscoprire le nostre “Spoon River” aiutando a far rivivere la memoria di una comunità.
Montale in una sua poesia diceva “Abbiamo ben grattato col raschino ogni eruzione del pensiero”. Se perdessimo la tradizione di commemorazione dei defunti, dove i dolori privati si fondono nel ricordo collettivo in un rito sacro, saremo sempre più esposti all’imbarbarimento per esserci appiattiti su uno stato illusorio di perenne divertimento, dove anche il pensiero della morte diventa un pretesto per un “dolcetto o scherzetto”.
Vittorio Barazzotto
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