Attualità
Il palleggio infinito
Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio
Ci sono palle che è sempre meglio buttare dall’altra parte, almeno per vincere una partita di tennis. Fuori dalla realtà sportiva, le stesse palle diventano metafora non tanto della bugia, quanto di quelle sparate grosse come dai cannoni di una volta. Una volée verbale insomma, che può essere respinta solo dalla volontà di un paziente palleggiatore che rimanda dall’altra parte un pallonetto imprendibile e lascia l’avversario basito a rete, mentre osserva la palla toccare terra prima della linea bianca alle sue spalle.
A rovistare tra i fogli spiegazzati dei giornali locali, c’era da far parecchia attenzione per rintracciare tra le ultime pagine di uno di questi l’urlo liberatorio, quello che di solito arriva dopo il punto conquistato da chi ha recuperato a fatica una palla che pareva definitiva, schiacciata a terra da un avversario compiaciuto e beffato: “Challenger, con Biella ho chiuso”. È la città che perde, ancora. Senza nemmeno arrivare al tie-break.
Non credo sia importante entrare nel merito della questione per stabilire torti o ragioni con un articolo di giornale. Credo abbia più senso riflettere sul sistema che produce queste distorsioni, che affliggono chiunque si metta in testa di organizzare un evento, sportivo o meno, con la collaborazione (parola che andrebbe sì virgolettata, ma se ve lo dico così ci fate più caso) delle istituzioni.
Dopo un anno eccezionale, nel senso che non ce lo ricordiamo prima, di grande tennis del circuito Atp ospitato in città, l’organizzatore dice “ciao Biella”, senza nemmeno un “arrivederci”. È stato colpito in fronte – il politicamente corretto a volte impone metafore poco efficaci – dalla sindrome di annuncismo tipica degli amministratori pubblici. Quelli soliti, almeno i più spregiudicati o incauti, a fare una cosa con una cosa di altri (mannaggia al politicamente corretto!).
Di solito consiste nel presenziare a conferenze stampa col vestito buono, seduti accanto agli organizzatori che li ringraziano previamente dei contributi economici che sono venuti a promettere come necessario sostegno all’iniziativa. Talmente necessario che poi se ne dimenticano. Dalla conferenza stampa in poi saranno gli stessi organizzatori a tempestare di chiamate gli uffici preposti per capire quando quelle voci di bilancio verranno soddisfatte per poi procedere al pagamento dei fornitori, lasciati col fiato sospeso in balìa di qualcosa che somiglia molto da vicino alla grazia divina, o alla vincita di una lotteria. In quella terra di mezzo, intanto, gli organizzatori fanno da compiacente banca all’istituzione di turno (Comune o Regione che sia, per intenderci) pagando interessi debitori alle banche, che ormai di fronte alla presentazione di una delibera a garanzia scoppiano compulsivamente a ridere.
È un diffuso peccato, neanche tanto più originale: su questo mi par di poter dire che destre e sinistre, o transgender della politica, siano affetti dallo stesso morbo. Solo che, nel caso di specie, ad aver fatto filotto nel presenziare alla conferenza stampa di presentazione sono stati esponenti della Lega locale: un sindaco e il suo vice, un consigliere regionale. Tre moschettieri pronti, allora, a spendersi in elogi all’organizzatore e a sé stessi. I primi, colpevoli di aver fatto una campagna elettorale millantando una corsia preferenziale con l’amministrazione regionale dello stesso colore; l’ultimo a declamare che: “l’intervento economico della Regione andrà dai 30 ai 50mila euro, perché il tennis potrà essere un’occasione di rilancio per il territorio”.
Invece, facendo finta che ‘sta storia del rilancio del territorio non l’abbiamo proprio mai sentita, l’organizzatore in questione dice di aver ricevuto comunicazione ufficiale che il contributo regionale sarà della metà dei 50mila euro promessi pubblicamente in conferenza stampa. Gli si può forse rimproverare di non aver preventivamente fatto la tara delle promesse, ma agli altri gli si può sicuramente rimproverare di aver fatto la cosa di prima (mannaggia al politicamente corretto!). “Fatti e non solo parole” aveva sentenziato il vicetutto. Vabbè.
La morale è che i challenger Atp che potevano essere ospitati in città lo saranno a invece a Napoli e a Forlì, che hanno steso tappeti rossi all’organizzatore in cerca di una dignitosa exit strategy dall’abbraccio di “questa amministrazione che sarà sempre vicina agli organizzatori che portano lustro al Biellese”. La morale è anche che questa città non è mai stata capace di rendere strutturali le buone idee, complice la superficialità degli amministratori e l’assenza di sponsor privati.
Chi organizza, ha bisogno di bilanci certi. Non si può abbandonare a business plan variabili, vanificati dai professionisti dell’annuncio via conferenza stampa e pronti, dopo aver gongolato in ogni modo per capitalizzare in ritorno d’immagine l’iniziativa di altri, a scaricare il barile delle promesse insolute.
Lele Ghisio
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