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Il Covid 19 minaccia il futuro della “Biella di notte”
Il Covid 19 minaccia il futuro della “Biella di notte”
L’orchestra continuava a suonare mentre il Titanic affondava. Oggi, invece, dopo il traumatico impatto con il coronavirus, mentre la nave prova a rimettersi sulla rotta, l’intrattenimento è proprio la prima cosa che rischiamo di perdere. Locali, pub, club, discoteche, birrerie, insomma tutto ciò che dà un senso alle uscite di casa dopo il tramonto, rischiano di pagare il conto più salato tra i sopravvissuti alla pandemia. Se infatti la fase 2 è una speranza che sta diventando realtà per buona parte del tessuto commerciale e produttivo del Paese, altrettanto non si può dire per la “gente della notte”, quelli che per mestiere ci danno da bere, ci fanno ballare, scelgono la musica e ci permettono di staccare la spina. Tra i primi costretti a chiudere a causa del Covid, saranno tra gli ultimi a riaprire. E chissà con quali modalità.
Sono almeno una ventina i locali che rientrano in questa categoria solo nella città di Biella. Qualche centinaio i dipendenti e i collaboratori, senza considerare tutto l’indotto. In tutta Italia si parla di centinaia di migliaia di lavoratori e miliardi di fatturato. Eppure ancora oggi navigano a vista, non sanno che ne sarà di loro, se e come potranno continuare a vivere, o di che morte dovranno morire.
«Oggi la situazione è critica – riassume Michele Orsalla, titolare dell’Alchimista Gaming Café di via Tripoli -, non tanto, o non solo, per l’impossibilità al lavoro, quanto per l’impossibilità al futuro. Ad oggi non sappiamo ancora nulla di concreto, ma è chiaro che quando riapriremo lo faremo con tutta una serie di restrizioni, che sono necessarie ma vanno a snaturare il senso stesso del locale serale dove, da che mondo è mondo, vai per stare in mezzo alla gente».
A confermare l’attuale fase di stallo è Francesco Pogni, titolare del Walhalla Cocktail Bar, uno dei pilastri delle notti di Riva, all’angolo tra via Repubblica e via Galilei.
«Proprio oggi (giovedì, ndr) ho partecipato a un tavolo regionale sulla “movida”, su richiesta di Confesercenti – spiega -. Purtroppo per adesso è stato tempo sprecato. Al momento si parla di fumo e polvere. Attendiamo e speriamo. Sono sempre stato una persona positiva, cerco di individuare gli aspetti buoni in ogni situazione. Beh, qui non ce ne sono».
Le difficoltà del presente e le speranze per il futuro
Come tutti coloro che non hanno potuto lavorare, nelle ultime settimane titolari, gestori e dipendenti hanno vissuto con i pochi strumenti a disposizione, ma non sono rimasti con le mani in mano.
«Siamo a casa senza introiti e lavoro ormai da due mesi – continua Pogni -, molti di noi non hanno ancora nemmeno ricevuto l’indennità di 600 euro. Per quanto mi riguarda mi sono comunque dato da fare. Abbiamo creato Radio Walhalla, i ragazzi stanno producendo dj set in stile radiofonico, parlano con i clienti. Facciamo capire loro che siamo ancora vivi e ci siamo. Ho approfittato di questi giorni per rifare le tracklist, seguire corsi di formazione on line… Dovevo anche partecipare alla finale per decretare il miglior barman d’Italia, ma purtroppo è saltata. Per quanto riguarda il futuro attendo e spero. Ho già valutato diverse misure come quella dei pannelli in plexiglass, ma non ho ancora acquistato nulla. È inutile investire soldi quando ancora non ci sono delle linee guida. Per il resto cercheremo di adeguarci, ma a Biella eravamo abbastanza attenti già in precedenza. In occasione delle ultime serate prima della chiusura, avevo tolto dei tavoli e creato un corner igienico, dando istruzioni all’ingresso di far entrare solo un tot di persone. In queste condizioni apriremmo, con il pensiero di sopravvivere e resistere fino a tempi migliori in cui cesseranno le restrizioni».
Perché, seppure necessarie, le restrizioni rendono praticamente impossibile pensare di “fare utili” in attività commerciali che per loro natura si basano sulla folla e l’assembramento.
Orsalla fa due rapidi conti: «L’ultimo sabato in cui è stato possibile, abbiamo tutti tenuto aperto, provando ad applicare le restrizioni. Avevo oltre 60 prenotazioni, che abbiamo gestito in due turni. Pur avendo il massimo dell’affluenza, ho incassato meno della metà rispetto al solito. E dire che la tipologia del mio locale mi pone tra coloro che sono fortunati perché ho diversi tavoli e gli spazi non sono piccoli. Chi lavora soprattutto al bancone avrà ancora più problemi…».
Salvaguardare il personale
Le incertezze sul futuro e il nodo economico portano con sé un’altra incognita: il destino di dipendenti e collaboratori. Con la contrazione di incassi e affluenze, infatti, la preoccupazione è di non poter più mantenere tutti gli attuali posti di lavoro.
«Siamo molto preoccupati a livello umano – chiarisce Andrea Creminelli, cotitolare del Loft Cafè, bar all’inizio di via Italia aperto anche dopo il tramonto -, perché siamo fermi ma andiamo comunque incontro a spese notevoli. Noi siamo fortunati, perché le cose ci stavano andando bene e quindi abbiamo sempre pagato tutto fino al giorno della chiusura, ma molti erano in difficoltà già prima e non so come faranno ora. Certo, tanti costi stando chiusi non ci sono, ma ce ne sono altri: affitti, quote fisse delle utenze, imposte… Poi è vero che abbiamo risorse personali e le mettiamo in gioco, siamo imprenditori, è giusto così, ma abbiamo bisogno di aiuto».
Credito d’imposta al 60% per l’affitto di marzo, indennità di 600 euro e fondo di garanzia per i finanziamenti non sembrano essere misure sufficienti: «Noi abbiamo una decina di ragazzi, siamo una famiglia – prosegue Creminelli -. C’è chi ha comprato casa, chi ha messo al mondo figli… vogliamo cercare di salvaguardare tutti, ma possiamo farlo soltanto se lo Stato ci aiuta, ci lascia la cassa integrazione e toglie dei paletti. Altrimenti, ipotizzando cali anche del 70% dei fatturati, diventa difficile. Poi io sono un ottimista e voglio credere che comunque andrà bene, ci impegneremo al 2mila per cento per farla andare bene. Credo che noi, come tanti locali avremo la forza per ripartire con più energia ed entusiasmo di prima, una volta chiusa questa parentesi, però dall’alto bisogna agire subito, a partire dalle informazioni e dalle decisioni, che devono essere certe e tempestive».
La determinazione di Creminelli è la stessa di molti suoi colleghi, pronti a resistere e a fare sacrifici nonostante la sensazione di essere abbandonati, o comunque ben poco considerati, dalle istituzioni nazionali e regionali.
«Ancora manca una visione futura – ribadisce Francesco Pogni -, ad oggi non abbiamo alcun elemento per capire, comprendere e provare a mettere giù un programma. Siamo tutti preoccupati, per noi e per il nostro personale. Lavorando solo al tavolo, possiamo ipotizzare un calo degli introiti almeno del 50%. In queste condizioni, senza aiuti, come si fa a mantenere tutta la forza lavoro? Qui abbiamo ragazzi ai quali ancora non è nemmeno arrivata la cassa integrazione in deroga… Per quanto mi riguarda, sono sempre positivo e anche ora ho l’agenda piena di idee. Come me tanti altri, ma ci dev’essere data la possibilità di realizzarle. Il Biellese è in crisi profonda ormai da un decennio e in tutti questi anni la cosiddetta “movida” ha cercato in tutti i modi di portare spensieratezza e serenità a un territorio in difficoltà, peraltro ottenendo grandi risultati. Abbiamo un ruolo e una funzione sociale importantissimi, quando si parla del nostro settore non bisogna dimenticarlo».
Matteo Floris
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