Attualità
Il certificato verde per spostarsi tra regioni è fermo
l certificato verde Covid-19 per spostarsi tra regioni rosse e arancioni è entrato ufficialmente in vigore il 26 aprile, come deciso dal decreto riaperture. Ma il pass vaccinale in realtà non esiste. Per la bocciatura del Garante della Privacy. E per la decisione dei medici di famiglia di non rilasciare certificati a chi non è più contagiato. Con tutte le conseguenze immaginabili e non immaginabili per la stagione turistica in arrivo.
Perché il certificato verde Covid-19 per spostarsi tra regioni è fermo
La Fimmg ha inviato un messaggio ai propri iscritti inviando “i medici di famiglia a soprassedere al rilascio di certificazioni inerenti il Green Pass in attesa di maggiori chiarimenti, tutto questo a seguito del provvedimento di avvertimento in merito ai trattamenti effettuati relativamente alla certificazione verde per Covid-19 prevista dal decreto 22 aprile 2021, n° 52-23 aprile 2021 da parte del Garante per la protezione dei dati personali”. Lo Snami, altro sindacato di settore, è stato più chiaro, lamentando che “il tutto comporterà una serie di richieste nei nostri confronti, con un ulteriore aggravio burocratico, seppur in regime li bero professionale”
E intanto anche le Regioni sono in ritardo: sono pochissime quelle che prevedono il rilascio della vaccinazione con entrambe le dosi. Tra queste c’è il Lazio, che ne ha caricati 500mila sul proprio portale. Come sappiamo, il certificato verde per spostarsi tra regioni si rilascia, secondo il decreto Riaperture, in presenza di almeno una di queste tre condizioni:
- il certificato di avvenuta vaccinazione: per ottenerlo bisogna aver completato il ciclo con la seconda dose, ad eccezione del siero Johnson&Johnson di cui ne basta una;
- l’esito negativo nelle ultime 48 ore di un test anche rapido: tampone molecolare o antigenico;
- il certificato di avvenuta guarigione da Covid entro i sei mesi più recenti.
Ovvero proprio quello che i medici di famiglia si rifiutano di rilasciare. E il tutto accade mentre per la prossima stagione turistico balneare iniziano ad arrivare i primi segnali positivi con indicazione di sold out in molte regioni costiere italiane. In pole position la Sardegna, che ha prospettive di prenotazioni fra luglio e agosto, mentre i mesi da aprile a giugno, quelli che erano prediletti dagli stranieri, al momento sono considerati quasi bruciati dagli operatori del comparto e la Puglia che, nonostante sia tra le mete più gettonate dal turismo incoming, sconta il deficit dei collegamenti aerei, anche se le notizie che vengono dal settore fanno prevedere una crescita esponenziale e una visione turistica di sistema mare già pronta per la prossima estate.
Come il pass vaccinale può fermare le vacanze degli italiani
Proprio ieri Federalberghi ha chiesto al governo di accelerare “l’iter per il green pass vaccinale che consentirà gli spostamenti tra Paesi dell’Unione Europea e che potrà salvare l’estate degli stranieri in vacanza in Italia, un settore che vale 11,2 miliardi per il sistema turistico nazionale”. Ma è proprio qui che c’è un problema: “Io posso rilasciare un certificato di avvenuta vaccinazione se io somministro il vaccino, ma se lo fa una struttura pubblica è lì che viene rilasciata la documentazione che attesta data, dose e tipo di vaccino. Così, per chi ha avuto il Covid: tocca al Dipartimento di salute pubblica rilasciare al paziente la comunicazione di uscita dall’isolamento dopo la guarigione. E quello fa fede. Trovo folle chiedere a noi medici di famiglia di rilasciare certificazioni che non esistono”, dice oggi a Repubblica Renzo Le Pera, vicesegretario nazionale della Fimmg.
E poi c’è il problema del tampone. Il quotidiano spiega infatti che per chi non è vaccinato né guarito, l’unica alternativa è il test. Ma, in previsione di una grande richiesta in vista delle vacanze, diverse Regioni stanno fissando un prezzo unico per evitare la corsa al rialzo che potrebbe rendere insostenibile una spesa (ripetuta) soprattutto per le famiglie con minori che certamente non sono vaccinati (dai due anni in su il tampone è obbligatorio). Per il momento, i prezzi nelle Regioni che li hanno fissati vanno dai 15 euro dell’Emilia Romagna ai 22 del Lazio ai 26 del Veneto, ma in Lombardia c’è chi chiede anche 50 euro per un antigenico. E c’è chi chiede che i costi siano a carico dello Stato.
Il tampone gratis
Il che non è un’ipotesi del tutto peregrina, visto che anche Parlamento Europeo spinge perché i test necessari ad ottenere il futuro Green Pass, nel caso in cui un cittadino non possa, o non voglia, vaccinarsi contro la Covid-19, siano gratuiti. “Il certificato deve essere gratuito – dice in plenaria a Bruxelles il socialista spagnolo Juan Fernando Lopez Aguilar, già ministro della Giustizia del governo Zapatero – e altrettanto i test, che in alcuni Stati membri hanno prezzi proibitivi. E non può avere un prezzo proibitivo un test obbligatorio”.
Il commissario alla Giustizia Didier Reynders in aula si limita ad auspicare che i test abbiano “prezzi accessibili a tutti”, ma aggiunge che “la competenza è degli Stati membri”. A strapazzarlo è la liberale olandese Sophie In’t Veld: “Credete – dice – che i cittadini vogliano un dibattito sulla sussidiarietà, su che cosa è competenza nazionale e cosa è competenza comunitaria? I cittadini vogliono la loro libertà, vogliono viaggiare”.
La Commissione, insiste In’t Veld, “ha tutte le competenze sul mercato interno: test che vengono venduti sul mercato su base commerciale possono essere regolati. Suvvia commissario, sia un po’ creativo”. Anche il Ppe, il primo partito d’Europa, è sulla stessa linea: “I test effettuati in connessione al certificato devono essere gratuiti”, sottolinea il democratico cristiano olandese Jeroen Lenaers. E pure i Conservatori e Riformisti su questo sono sulla stessa linea: Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia si dice d’accordo sul principio della gratuità dei test.
Il problema della scadenza a 6 mesi
E intanto anche la Società Italiana Emergenza-Urgenza (Simeu) “esprime perplessità e preoccupazione sulla scadenza a 6 mesi” del green pass Covid. Una validità così breve, infatti, rappresenterebbe “un problema organizzativo per gli operatori sanitari” e “deve poter essere estesa oltre”, in base alle evidenze scientifiche già disponibili. La certificazione verde sarà rilasciata a coloro che sono già stati vaccinati, che sono stati dichiarati guariti dopo un contagio o che sono risultati negativi a un tampone nelle precedenti 48 ore. “La scadenza a 6 mesi – spiega Giulio Maria Ricciuto, presidente Simeu Lazio – sarebbe un grande problema organizzativo per medici e infermieri, soprattutto quelli dell’emergenza-urgenza, che hanno completato il ciclo vaccinale a cavallo fra fine gennaio e febbraio”. La validità di sei mesi del pass, infatti, “oltre ad essere già superata dalle evidenze scientifiche, che ormai portano la copertura immunitaria ad almeno 9 mesi, renderà scoperti gli operatori sanitari fra luglio e agosto”.
Pertanto, i sanitari a partire da quella data “non potrebbero più stare a contatto con i malati”, oltre a non godere delle possibilità che il pass prevede. “Per ovviare il problema, medici e infermieri dovrebbero essere vaccinati con una terza dose, sull’efficacia della quale però”, spiega Ricciuto, “non si ha alcuna evidenza”. Inoltre, “vaccinare medici e infermieri con il richiamo significherebbe sospendere le vaccinazioni degli italiani che ancora non sono stati vaccinati”, per poi magari passare, con gli stessi principi, alla popolazione over 80 e ai soggetti fragili, “rallentando ulteriormente il percorso vaccinale del resto della popolazione”. Alla luce di queste criticità, conclude Ricciuto, “la validità andrebbe rivista, lasciando la possibilità di spostamento in funzione delle evidenze scientifiche che verranno raccolte”.
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