Attualità
Gli angeli delle case di riposo
BIELLA – Antonietta è il nome della mia ottuagenaria mamma, una dinamo fatta donna. Ma l’Antonietta è circa un anno che non vive più con me, gravi difficoltà di deambulazione e i suoi problemi di cognizione senile in progressione degenerativa mi hanno costretto a trovarle dimora in una casa di cura del Biellese. Una stilettata al cuore per me come, ne son certo del resto, accada per tante altre famiglie biellesi nelle mie medesime condizioni.
Varcare quella soglia vetrata dodici mesi orsono, con la mia mamma dal sorriso confuso per mano e la sua valigia nell’altra, fu come un riflesso specchiato delle mie dita di bimbo intrecciate con le sue e la mia cartella di scuola in spalla.
Ma si sa che le nostre vite non sono dritti viali alberati in fiore, talvolta curvano d’improvviso su tracciati impervi che ci tocca percorrere fino alla fine, anche soli.
Proprio la solitudine pensavo fosse il triste comune denominatore delle case di riposo che prima d’ora non avevo mai frequentato, se non per sporadiche visite ad amici o lontani parenti o forse per una mia ignorante scaramanzia.
Mi si è invece aperto un mondo sull’umanità, nonostante tutto e nonostante le restrizioni di visita nell’era Covid.
Ed entrare in una casa di riposo ti rende consapevole che il welfare familiare e quello sociale, in Italia sono due pilastri con le fondamenta più solide del nostro convivere Umano.
A riprova basti pensare che su una popolazione di 178.551 biellesi, gli over 65 sono ben 47.499 e, mentre la regione Piemonte conta 27.202 posti letto accreditati in RSA per non autosufficienti, la sola l’Asl di Biella ne ha accreditati 1667 e ne convenziona in parte economica circa un terzo ( dati 2016 ). Si potrebbe fare di più? Vero, ma riflettiamo col bicchiere davanti mezzo pieno, ci sono Paesi ben più ‘occidentali’ del nostro che non hanno neppure quelli.
Ma è il personale che si dedica agli anziani, ai nostri “vecchi” che sono la nostra memoria più potente di qualsiasi server, sono il solco che tracciamo in continuità su questo mondo ad avermi lasciato l’impressione umana più profonda. Sono gli addetti ai servizi alla persona, gli infermieri, i medici, i fisioterapisti, le animatrici, i tecnici, il personale di mensa e gli amministrativi, sono un mondo di maestranze e professionisti che non svolgono solo un lavoro per il loro sostentamento, ma la loro è una missione in terra per i quali il solo stipendio non sarà mai abbastanza. L’Antonietta non riesce più a dirvelo e allora ve lo scrivo io: grazie!
Benito Possemato
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