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Escherichia coli nel formaggio francese: segnalate intossicazioni
Escherichia coli nel formaggio francese: segnalate intossicazioni
“Questo formaggio non s’ha da mangiare.” Intossicazioni con complicazioni gravi anche tra i bambini in Francia. Non è possibile escludere rischi per la salute anche in Italia.
Escherichia coli
Almeno tredici casi di sindrome emolitica uremica (HUS) dovuti a infezione da batterio Escherichia coli O26 si sono verificati nei bambini dal 21 marzo 2019 in diverse regioni in Francia. Le autorità sanitarie francesi hanno intrapreso le indagini necessarie per identificare la fonte di contaminazione alimentare all’origine di questi casi, per proteggere i consumatori
Secondo i risultati preliminari, molti di questi bambini hanno consumato il formaggio Saint Marcellin Crémier in confezione da 80 grammi, prima della comparsa dei sintomi. Tra questi bambini, 3 avrebbero un possibile legame con il consumo di formaggio Saint Marcellin prodotto dalla “Fromagerie Alpine”.
Il ritiro e i legami con l’Italia
A titolo precauzionale, le autorità sanitarie hanno deciso il 30 aprile di ritirare i prodotti in questione dal mercato e allertare i consumatori. Il caseificio francese “Fromagerie Alpine” ha quindi ritirato immediatamente i prodotti sospettati di essere contaminati da E. coli O26. Il Sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF) ha informato il Ministero della salute italiano in merito. Le Autorità francesi, hanno indicato nella notifica RASFF (2019.1615) l’Italia tra i Paesi destinatari dei lotti contaminati.
Il prodotto, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, potrebbe essere stato già stato tolto dagli scaffali, ma chi l’avesse acquistato in precedenza è pregato di non consumarlo e di riportarlo in negozio, dove sarà rimborsato. Il formaggio potrebbe contenere colibatteri, che causano disturbi gastrointestinali come diarrea, crampi allo stomaco ed eventualmente emorragie. Chi ha sviluppato questi sintomi dopo aver mangiato il prodotto in questione dovrebbe recarsi dal medico, precisa ancora lo “Sportello dei Diritti”.
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