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Enrico Pivetta, un biellese in Brasile con una passione… Internazionale
Pazza Inter, amala. E quale amore è più pazzo di quello che resiste alla lontananza? Lo sa bene Enrico Pivetta, che da 15 anni vive in Brasile
BIELLA – Pazza Inter, amala. E quale amore è più pazzo di quello che resiste alla lontananza, attraversa gli oceani e rimane immutato anche dall’altra parte del mondo? Lo sa bene il biellese Enrico Pivetta, che da quasi quindici anni vive e lavora in Brasile.
Enrico Pivetta e i festeggiamenti “brasiliani” per lo scudetto dell’Inter
Domenica scorsa, come tanti altri biellesi, anche lui ha alzato le braccia al cielo al triplice fischio dell’arbitro Luca Pairetto, che ha sancito l’1-1 finale di Sassuolo-Atalanta e, insieme ad esso, il diciannovesimo scudetto nerazzurro.
«Ho atteso la fine della partita nel ristorante che stiamo ristrutturando, per l’occasione ero insieme a un altro interista biellese – racconta Pivetta -. Qualche tempo fa, infatti, ho scoperto che anche Stefano Biasia, molto conosciuto a Biella per aver gestito il Cancello e la Cabala, si trova in Brasile».
«Domenica – aggiunge ridendo – c’era chi festeggiava al Duomo di Milano, chi suonando il clacson sulle strade delle città italiane e… noi due che esultavamo qui. Senza rischi di assembramenti».
Il ristorante di famiglia, l’Inter Club di Ponzone e la passione nerazzurra
È un personaggio interessante, Pivetta. La sua storia parte da lontano e si intreccia, indissolubilmente, con quella nerazzurra. Una passione, quella per la “beneamata”, ereditata dal padre Mario. Figlio di genitori emigrati dal Veneto, Enrico nasce a Borgosesia e cresce in Valsessera, dove per 32 anni insieme alla sua famiglia gestisce un bar trattoria.
«Il nostro locale per molto tempo è stato un punto di riferimento per i tifosi – spiega -. La nostra è una tradizione di famiglia, nella ristorazione come nel tifo. Papà nel 1965 ha fondato l’Inter Club di Ponzone, del quale è stato presidente. Conservo ancora l’atto redatto dal notaio. Purtroppo mio padre è mancato quando avevo sette anni, ma mi aveva già trasmesso l’amore per questi colori».
Un amore che lo ha portato a seguire la squadra di Milano un po’ ovunque, in giro per l’Italia e l’Europa, insieme all’Inter Club, e a conoscere tanti personaggi illustri che hanno scritto la storia della società, passati anche dal suo locale e dal bar Number One, da lui gestito per una decina di anni.
Nel 2006 il trasferimento in Brasile
Nel 2006, poi, la decisione di trasferirsi in Brasile, terra d’origine della sua compagna, insieme alla loro figlia. Anche qui, però, il calcio sembra accompagnare la sua vita.
«Nel 2008 – è uno dei tanti aneddoti – ho sostanzialmente portato il portiere Junior Da Costa in Italia, dopo aver conosciuto il suo procuratore, Oscar Damiani. In pratica ho fatto da mediatore. L’Inter comunque non l’ho mai abbandonata. Insieme a Damiani ho seguito diverse partite e sono stato più volte allo stadio, l’ultima nel 2017: Inter-Atalanta, finita 2-0 per noi».
Oggi a Natal lavora sempre nell’ambito della ristorazione: «Sarò il manager di un ristorante italiano di quattro piani – spiega -. Stiamo completando i lavori di ristrutturazione, dovrebbe essere tutto pronto entro fine mese».
Il caso, però, continua a mettere l’Inter sulla sua strada. L’ultimo esempio è proprio l’incontro con Stefano Biasia, tra le altre cose cugino di Carletto Muraro.
«Cosa mi manca? Sciare, gli sfottò con gli amici milanisti e juventini e l’atmosfera unica di San Siro»
Un altro continente e un’altra vita, senza troppi rimorsi per Pivetta, ma con un po’ di inevitabile nostalgia: «Cosa mi manca di Biella e dell’Italia? Soprattutto la possibilità di andare a sciare, ero un grande appassionato. E poi, dal punto di vista calcistico, le discussioni e gli sfottò con gli amici milanisti e juventini. Qui il calcio italiano è seguito, ma ovviamente l’atmosfera è completamente diversa. Com’è giusto che sia, pensano al Flamengo e al Corinthians…».
Il ricordo dell’amico Davide “Spia” Spianato
E poi mancano anche le persone, come l’indimenticato Davide “Spia” Spianato: «Ci conoscevamo da sempre – ricorda Enrico -. Quando è mancato, giustamente si è parlato della sua vita da ultras di Pallacanestro Biella, ma Davide era anche un interista sfegatato e faceva parte della Brianza Alcolica. Ho un bellissimo ricordo di lui. Ero molto amico anche di suo papà, Osvaldo, insieme siamo andati a vedere la finale di Parigi con la Lazio, quella della Coppa Uefa di Vienna…».
Oggi, il più delle volte, Pivetta deve “accontentarsi” di seguire la sua squadra in televisione, ma con lo stesso entusiasmo, rimasto immutato nonostante le migliaia di chilometri che separano San Siro da Natal: «Lo stadio mi manca tantissimo, ho nostalgia proprio di quell’atmosfera, di quella sensazione per cui quando ti avvicini a San Siro non vorresti mai andartene. Però si può tifare anche dal Brasile».
Un legame che resiste ai confini degli Stati e dei continenti. Più Internazionale di così…
Matteo Floris
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