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Enea De Alberti: dottore da 47 anni con tanti sogni nel cassetto

Ha iniziato a esercitare a Cossato nel 1978: amante della musica, è stato primo cittadino a Quaregna

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Enea De Alberti: dottore da 47 anni con tanti sogni nel cassetto. Medico e direttore sanitario della casa di riposo “Emilio Reda” di Vallemosso, classe 1951, racconta la propria esperienza di vita.

Enea De Alberti: dottore da 47 anni con tanti sogni nel cassetto

«Sono medico di base da quando mi sono trasferito prima a Cossato e poi a Quaregna. Ho iniziato a esercitare nel 1978, come medico condotto e ufficiale sanitario e l’ho fatto per 5 anni. All’epoca i due Comuni erano organizzati in un consorzio. Ho poi proseguito soltanto come medico di base fino alla fine di maggio del 2020. Avrei potuto lavorare ancora fino a febbraio 2021, ma andare in pensione in pieno inverno non mi piaceva. Ho poi ripreso come direttore sanitario alla Casa di riposo, come ho detto, che, a mio avviso, non perché ci sono io, vanta una cucina eccezionale».

«Sono originario di Golasecca, in provincia di Varese, di cui ho scritto la storia in un libro. Quando feci domanda di lavoro, risposero diversi Comuni, fra questi Cossato, che scelsi perché era il paese più vicino a me. La famiglia è poi cresciuta qui, con figlie e nipoti, e sono rimasto. Ormai mi sento Biellese».

Nel tempo libero, è sempre stato appassionato di musica. Suona la tromba, per una decina di anni anche nella Filarmonica cossatese, di cui è stato presidente. Oggi è presidente della società musicale “Giuseppe Verdi “ di Biella. All’attivo conta altri due volumi. Uno storico, dedicato allo zio e ambientato nella Prima guerra mondiale, “Sulle tracce dell’ardito”. Uno di fantasia, “Ritorno a El Alamein”, ambientato nella Seconda. Mentre il terzo, riguardante un’altra possibile guerra, spera di non doverlo scrivere.

De Alberti è stato anche amministratore pubblico.

Sono stato sindaco di Quaregna dal 2004 al 2009, un solo mandato perché non mi sono più ripresentato. Ero, e sono, convinto che quando si amministra la cosa pubblica bisogna portare delle idee, non occuparsi di questioni tecniche. È stata un’esperienza. Il mio avversario era l’architetto Anselmo Mongilardi. Vinsi con uno scarto di 16 voti. Dopo 6 mesi di piccoli battibecchi, diventammo amici, perché alla fine la pensavamo allo stesso modo. Facevamo parte di due liste civiche. Lui purtroppo è già mancato.

Porta con sé ricordi di quegli anni da amministratore?

Mi vedo davanti alla piantina comunale a sognare con gli occhi aperti, con grandi progetti. Lungo la ripa boschiva, che costeggia il torrente Quargnasca, nel tratto fra la rotonda di Quaregna, vicino al supermercato, e la rotonda che si trova nei pressi del quartiere Parlamento di Cossato, avrei voluto realizzare un anfiteatro per accogliere grandi eventi culturali e musicali. Anche se il terreno è di competenza amministrativa di Cossato, comune con il quale ho sempre coltivato buoni rapporti. Avremmo potuto usufruire di un grande posteggio per le auto lungo la strada provinciale, chiudendola momentaneamente al traffico.

Certo, erano anni in cui i Comuni disponevano ancora di denaro. Al termine del mio mandato, credo di aver lasciato un bel po’ di idee. Il mio auspicio è che ci siano sempre idee pronte a sostenere il territorio, affinché non finisca nel dimenticatoio. Abbiamo smantellato la ferrovia per Oropa, la funivia di Biella è ferma e il centro idroterapico è stato chiuso. Privi di denaro come siamo, copiando dalla Svizzera, potremmo acquistare due treni, dipingerli di rosso e farli giungere da Milano e da Torino a noi, nel fine settimana. E un giorno chissà che la ferrovia per Oropa, non più fattibile, diventi una monorotaia che costeggia la Burcina. Un bel sogno, per ora non realizzabile.

Si può dire soddisfatto della sua vita?

Certamente e molto di ciò che ho fatto lo ripeterei, compresi gli errori. Ci vuole sempre cervello, cuore e fortuna, che sarebbe la terza “c”, ossia culo. Mi è sempre andata bene, il fatto stesso di essere qui a raccontarmi, lo conferma. Mi piace andare in bicicletta e in moto, anche se sempre di meno. Io sono del 1951 e da ragazzino avere la moto era considerato un punto di arrivo, un piccolo sogno, idem per la bicicletta, e mi sono realizzato. Altri desideri più ambiziosi sono invece accantonati, perché gli ottantenni di oggi sono stati i giovani di una volta».

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