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Di Covid e di paure

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BIELLA – “Meglio prevenire che curare” non sarà una pietra filosofale in italiano aulico o l’unico acume in terra mai pronunciato da Churchill o Einstein ma è l’aforisma anonimo più calzante che mi viene in mente in attesa del nuovo decreto ministeriale anticovid che, già solo in bozza, pare un epitaffio per molte partite Iva a cominciare da palestre, bar e ristoranti (delle discoteche mi taccio perché, rispettosamente, non parlo dei defunti).
Il Covid va prevenuto secondo disinteressate prescrizioni mediche e scientifiche e non su ricetta politica.
Se confermato l’obbligo di chiusura serale anticipato per i pubblici esercizi fino a gennaio 2021, il prossimo Natale rischiamo di non riuscire a mettere il panettone in tavola ai nostri clienti ma neppure in famiglia.

Il senso di uscire alla sera sta nella convivialità e nel piacere della serata scaccia pensieri e pessimi umori da trascorrersi soli o in compagnia a teatro, in un cinema, al pub, in una locanda come nel ristorante blasonato o, non ultimo, a liberare le proprie endorfine in una palestra attrezzata oltre l’orario di lavoro.
I tempi della pubblica somministrazione non si possono contingentare limitandoli in prima serata, l’offerta di svago nei limiti temporali della seconda serata è tra le nostre ragioni di vita, è universalmente la mission commerciale dell’ospitalità e del turismo che in Italia, perlomeno al momento, somma milioni di addetti tra dipendenti, fornitori, titolari e attività d’indotto, tutte anime in pena impiegate nel settore. Numeri alla mano siamo l’impresa diffusa più grande d’Italia.
Fermo restando che, previo parere medico scientifico vincolante, la stella polare di ogni decisione governativa deve essere la salute pubblica, chiudere prima le nostre attività di somministrazione strangolandoci lentamente non ha senso a meno che il governo centrale a Roma non ci dimostri che gli untori del corona virus siamo proprio noi e solo in seconda serata e scrivo di ristoratori, baristi e addetti al commercio al dettaglio e allora la decisione deve essere coraggiosa e tranchant e spetta a chi ha responsabilità di governo e non certo agli osti.
Si chiuda tutto il settore accettandone le conseguenze economiche, occupazionali e le inevitabili tensioni sociali anche violente.
La verità è che dall’unità d’Italia in poi il virus più virulento nel nostro Paese è sempre stato la confusione con le sue 50 sfumature politiche talvolta rosse e più spesso nere ma nessun primo ministro, re e persino dittatore è mai riuscito a trovare il vaccino al caos italico, basti pensare che ad oggi ancora non si è capito quanti siano i morti in Italia “d” corona virus e quanti ‘con’ corona virus.
“Di” e “con, due semplici preposizioni che in italiano fanno una grande differenza perché il diavolo talvolta sta nei dettagli, talvolta sta in parlamento, altre sta al governo.

Benito Possemato


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