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Chiodini e mazze di tamburo buoni e pericolosi, attenzione a come li cucinate
Funghi, belli e buoni ma attenzione
Chiodini e mazze di tamburo buoni e pericolosi, attenzione a come li cucinate.
Chiodini e mazze di tamburo buoni e pericolosi, attenzione a come li cucinate
L’autunno, per molti, è la stagione più suggestiva dell’anno: l’aria si fa fresca, i boschi si colorano di sfumature calde e il sottobosco si anima di nuove forme di vita. Tra le protagoniste di questo scenario, anche nel Biellese, ci sono loro, le celebrità del regno micologico, i porcini, veri “VIP” del bosco. Ma non sono soli: accanto ai pregiati Boletus edulis, una miriade di specie commestibili popola anche le nostre foreste, offrendo sorprese gastronomiche e scientifiche, ma anche qualche insidia. A seconda delle condizioni climatiche e del periodo, la varietà fungina si diversifica notevolmente. Se i porcini sono i più ricercati, altri funghi autunnali che, proprio in questo periodo stanno crescendo nel Biellese, nel come i chiodini (Armillaria mellea, A. tabescens, A. ostoyae) e la mazza di tamburo (Macrolepiota procera) sono altrettanto apprezzati da raccoglitori e gourmet. Tuttavia, queste specie, pur affascinanti per aspetto e profumo, celano complessi meccanismi biochimici che richiedono conoscenze precise per un consumo sicuro.
I chiodini
I chiodini, contengono tossine termolabili, sostanze che si degradano solo con un’adeguata cottura. Per questo motivo non devono mai essere consumati crudi. Prima della preparazione, è necessario bollire i cappelli per almeno 20 minuti, eliminando poi l’acqua di cottura, nella quale si concentrano le tossine disciolte. Inoltre anche se non tutte le fonti lo confermano, è bene congelare i chiodino solo dopo il trattamento spiegato in precedenza e non crudi. I gambi, sia dei chiodini che della mazza, invece, vanno scartati: sono fibrosi, coriacei e poveri di valore organolettico.
La mazza di tamburo
Anche la Macrolepiota procera, detta mazza di tamburo o ombrellone, è commestibile solo dopo cottura. Può essere grigliata oppure impanata e fritta, mantenendo così la sua fragranza e consistenza caratteristica. Tuttavia, anch’essa non deve mai essere consumata cruda, poiché può provocare disturbi gastrointestinali acuti.
Sia i chiodini che la mazza di tamburo, se ingeriti crudi o poco cotti, possono causare la cosiddetta sindrome gastrointestinale a breve latenza, un insieme di sintomi che insorge entro poche ore dall’ingestione e include nausea, dolore addominale, vomito e diarrea. Oltre al rischio tossicologico intrinseco, esiste anche quello della confusione con specie velenose.
Una “confusione” che può essere pericolosa
La Famigliola buona (Armillaria spp.) può essere confusa con il falso chiodino (Hypholoma fasciculare), un fungo tossico che può provocare gravi disturbi gastrointestinali anche dopo cottura. La Mazza di tamburo, invece, può essere scambiata con alcune specie del genere Chlorophyllum, tra cui Chlorophyllum rhacodes e Chlorophyllum molybdites. Quest’ultima, originaria della Cina, è una specie aliena invasiva segnalata di recente in Sicilia e Sardegna, probabilmente favorita dai fenomeni di globalizzazione e cambiamento climatico. Il regno dei funghi resta uno dei più vasti e affascinanti del pianeta: secondo le stime micologiche più recenti, potrebbero esistere fino a 4 milioni di specie differenti sulla Terra. Una biodiversità immensa che merita rispetto e prudenza. Prima di consumare o regalare funghi raccolti, è sempre consigliabile rivolgersi alle Asl di Biella che offre servizi gratuiti di consulenza micologica. Qui, un esperto qualificato può determinare con precisione la specie e stabilire se sia effettivamente commestibile o potenzialmente pericolosa. La micologia, in fondo, insegna una lezione semplice ma fondamentale: la bellezza del bosco si assapora davvero solo quando si accompagna alla conoscenza e alla prudenza.
Andrea Martinetti
del Gruppo Micologico Biellese
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