Attualità
Biella, un territorio in caduta libera che qualcuno cerca di salvare
Sale & pepe, la rubrica di Luigi Apicella
Care amiche e cari amici, la Biella “sportiva” piange la fine di un’epoca, quella di Pallacanestro Biella che dopo 28 anni da protagonista del basket italiano, non sarà ai nastri di partenza del prossimo campionato. Fine della storia, si chiude un ciclo e come succede in questi casi sono forti amarezza e rabbia, il senso di vuoto da parte dei tanti tifosi che ai colori rossoblù hanno legato un pezzo del loro cuore.
In questi giorni tante le polemiche, le recriminazioni, la ricerca di un colpevole, di chi poteva fare e non ha fatto. Tutto giusto, tutto legittimo specie a ridosso del momento, però oggi la realtà è questa, triste o dolorosa che sia. E va accettata. Le storie d’amore, anche sportive, hanno un inizio ed una fine.
Ed allora, passata la rabbia e il rancore, restano i ricordi, le imprese, le tante emozioni. Le stesse che sono affiorate in questi giorni, con l’anniversario dei 25 anni dallo scudetto “dilettanti” della Biellese calcio (sia essa Biellese 1902, FC Biellese, Vigliano Libertas Biellese, ASD Biellese o altro). Parliamo, anche in questo caso, di un pezzo di storia sportiva della nostra città.
Come ristoratore, in questi 44 anni di attività, non immaginate neppure quante squadre blasonate ho visto “transitare” a Biella specie alla fine degli anni ’70: per citarne alcune Treviso, Udinese, Alessandria, Pisa, Como. Di quest’ultima, in particolare, ricordo la sfida con la Biellese della stagione 1978/79 che portò al Lamarmora circa 7 mila spettatori!! E poi ricordo i pranzi anticipati per i giocatori bianconeri la domenica alle 11 quando si giocava in casa, in vista della partita.
Altri tempi, così come d’altri tempi sono stati i presidenti “bianconeri” che ho conosciuto in questi lunghi anni di attività: tra loro ricordo Massimo Ghirlanda, Enzo Albertini, Sandro Meraviglia. Indelebile la loro “adrenalina” prima di ogni partita, i loro “progetti” per cercare di far fare il tanto sospirato salto di qualità alla squadra. Tutti ci hanno messo del loro, ci hanno provato in prima persona facendo bene ma anche commettendo errori come è logico che sia. Si poteva fare di più? Non lo so, forse, ma non trovo una risposta definitiva neppure adesso.
Quello che è certo è che nel corso degli anni Biella è cambiata molto, non sempre in meglio, con meno lavoro, meno prospettive. Il filo rosso che unisce le due esperienze, calcio e pallacanestro, passa proprio da qui: un territorio in caduta libera, lo sforzo , spesso solitario e non compreso, di tanti imprenditori/presidenti che come nel calcio anche nel basket si sono succeduti regalandoci un sogno sportivo difficile da dimenticare. Anche il mio piccolo “contributo” a pallacanestro Biella è stato speciale e ricco di aneddoti legati soprattutto alla mia attività di ristoratore.
Non mancherò, anche nei prossimi numeri, di ritornare su questi ricordi che fanno bene al cuore, specie adesso che si volta pagina. Però con una raccomandazione rivolta al futuro: la politica locale faccia la sua parte e non diventi essa stessa curva da stadio/palazzetto intromettendosi, a torto, nelle dinamiche private delle società che verranno. Semmai si adoperi con profitto per fare al meglio il suo lavoro: quello di mettere a disposizione delle società sportive, attuali e future, tutto il supporto necessario, i servizi e le location disponibili in città possibilmente a costi minimi. Allora sì che saremmo pronti a guardare nuovamente avanti con fiducia, facendo crescere i giovani, dando loro opportunità. Per adesso, invece, un grazie di cuore – bianconero e rossoblù – alla nostra Biella sportiva che ci ha fatto sognare. E’ stata questa la vittoria più bella…
Luigi Apicella
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Frassati Giorgio
9 Luglio 2022 at 15:13
In una città dove si pensa solo ad aprire supermercati dove non c’è una discoteca e la Politica passa da una crisi all’altra e la popolazione sta invecchiando e in decrescita dove i palazzi farraginosi e non abitati e la via principale e la toilette per cani gattie cavalli.
Non c’è tanto da fare.