Attualità
Benzina: quanto aumenterà ancora
Il prezzo del petrolio sale ancora
Sono sempre meno gli automobilisti che fanno il pieno quando è il momento del rifornimento: la situazione è destinata a peggiorare ancora. C’entrano i venti di guerra Russia-Ucraina, ma non solo
Sono sempre meno gli automobilisti che fanno il pieno quando è il momento del rifornimento. I benzinai stessi raccontano che la media è ormai 20 euro, aumentano quelli che “mettono” 10 euro per volta e spesso anche solo 5. Solo chi viaggia per lavoro fa il pieno. Il prezzo salato dell’alta tensione geopolitica sul fronte Russia-Ucraina si scarica anche sui prezzi del petrolio e da lì, di conseguenza, prima o poi – non immediatamente – lo fa sulle pompe di benzina. Benzinai dove i costi di senza piombo e gasolio sono spinti ai massimi da dieci anni a questa parte, non solo per le vicende russo-ucraine. Nelle ultime settimane i mercati hanno reagito in modo attesa alla situazione di estrema allerta. Mosca è insieme all’Arabia Saudita tra i maggiori esportatori globali di petrolio, ed è inevitabile che si registrino incrementi sui mercati internazionali dell’oro nero nello scenario attuale.
Il prezzo del petrolio sale ancora. Quindi?
Nel mercato del gas i meccanismi di formazione del prezzo sono meno cristallini, mentre per quel che riguarda il petrolio è relativamente più semplice prevedere cosa accade a media scadenza. I rialzi degli ultimi mesi, hanno spiuegato a più riprese gli esperti, dipendonon dalle dinamiche di domanda, offerta e capacità produttiva. Molte compagnie petrolifere, nel bel mezzo di una complessa transizione energetica su cui devono gioco-forza investire pesantemente, non hanno invece investito su quello che potremmo definire “l’hardware” tradizionale dell’estrazione e ne consegue una carenza di capacità produttiva. Dagli 800 miliardi di dollari di investimenti in attività estrattive del 2014, siamo scesi a quota 350 nel 2021. C’è meno petrolio che in passato. L’aumento dei prezzi in pratica sarebbe determinato da un calo degli investimenti per la ricerca di nuovi giacimenti. Si somma a tutto ciò anche un elemento di pura finanza: i grandi gruppi del settore hanno avviato una politica di riduzione del debito, per essere più “leggeri” e cogliere le opportunità su mercato ancora vastamente inesplorato delle energie rinnovabili.
Petrolio in giro per il mondo ce n’è “poco” (o almeno non ce n’è tanto quanto in passato) e paradossalmente è la Russia che ci sta “aiutando”, con il suo ruolo nel cartello Opec+ e la sua capacità di esportare. La corsa del petrolio ha preso velocità a partire da agosto 2021 da allora il barile ha guadagnato oltre il 50% del suo valore. Con la ripartenza del traffico aereo e la fine dell’emergenza pandemica nei prossimi mesi le stime sono che la domanda arriverà a 100 milioni di barili/giorno, dai 96 dell’anno scorso e addirittura 91 del 2020. “La misura della carenza di capacità ci viene data dal livello di capacità inutilizzata. In condizioni normali siano a 3 milioni di barili/giorno, oggi siamo sui 2 milioni e quasi tutti concentrati in Arabia Saudita. E’ evidente che in queste condizioni, con la domanda in ripresa, ci sono tutti gli elementi per avere un trend di rialzo dei prezzi”, dicevano da Nomisma qualche giorno fa. Presto si potrebbe sfondare la quota “psicologica” dei 100 dollari al barile. Oggi il Brent ha superato i 97 dollari al barile per la prima volta dal 30 settembre 2014.
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