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Basta con il pessimismo dilagante, la città ha bisogno di idee

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Cari amici, che Biella sia stata in un passato glorioso città creativa è notorio a tutti. Che abbia portato le sue eccellenze nel mondo e i suoi marchi rappresentativi a tutte le latitudini è altrettanto noto. La differenza – in peggio – tra quel tempo glorioso e i giorni nostri è certamente frutto di una crisi mondiale che conosciamo da oltre un decennio, di una globalizzazione che ha messo in rete il mondo ma che di fatto ha rappresentato la fine di un’epoca d’oro per tante realtà aziendali e commerciali. Biella non ha fatto eccezione. Ma, detto questo, rimane sempre il fattore umano quello che può fare la differenza, quello che può far sì che, da una crisi, si possano cogliere delle opportunità. C’è un però… I negozi chiudono, uno dopo l’altro, anche marchi che hanno fatto la storia della nostra città.
Ma noi siamo ancora qui, dopo vent’anni, ad interrogarci sul possibile impatto per le attività del centro dello spostamento a sud dell’asse commerciale della città. Ma vi rendete conto? Idem per la sede del SERT in via Delleani e del suo possibile spostamento: avevo i “calzoni corti” in consiglio comunale quando si dibatteva di queste cose. E siamo ancora fermi qui.
Certo, il fattore economico è decisivo per tenere aperta una serranda, ma è anche il sentimento che si respira tra la gente, per le vie della città che non aiuta. Essere creativi a casa mia significa – da queste righe abbiamo esaltato il ricordo e l’esempio di un grande creativo biellese come Giorgio Aiazzone – trasmettere ottimismo, vuol dire fare di un’intuizione un trampolino di lancio per un’intera comunità, vuol dire avere amministratori ed imprenditori che con i fatti sappiano prendere decisioni coraggiose anche in controtendenza. Vuol dire avere una visione, passare magari per matti, ma avere ben chiaro che si può sempre fare la differenza.
Biella città creativa UNESCO non ha alcun senso se la città è – allo stato attuale – l’esatto contrario. E’ una realtà demoralizzata, in disarmo, da cui la gente va via, che non trasmette nulla di creativo. E da cui molto presto anche gli stessi extracomunitari presenti decideranno di andarsene loro stessi per la gioia di qualche amministratore in salsa verde. Fatevi un giro e giudicate voi stessi. Sono e resto un ottimista ma credetemi a volte è meglio essere realisti… Curarsi del decoro delle vetrine dei negozi dismessi è un dovere, ma arredarli al solo scopo di curare l’estetica senza trovare un rimedio valido per incentivare, CREARE, nuovi stimoli e condizioni per le attività commerciali del centro è un segno dei tempi. Forse tra vent’anni se ne parlerà ancora…
Un amico mi ha detto: gli assessori passano, le deleghe si distribuiscono, ma il problema resta. Ragionamento semplicistico ma come dargli torto? Io avrei una proposta per chi ha già in mente i soliti rimpasti e rimpastini in Giunta: creiamo un assessorato alla creatività e all’ottimismo, raccogliamo un po’ di giovani candidature fuori dalle segreterie di partito e diamogli carta bianca, o meglio colorata…
L’obiettivo? Risollevare questa città tutta chiacchiere, buche e distintivo.

 

Luigi Apicella

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