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«“Assembramenti” e casino sono l’anima stessa dei locali»

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«Il nostro sarà il settore più colpito». Non nasconde la testa sotto la sabbia Alessandro Tropeano, cotitolare insieme a Simone Raisi del Caffè Galileo, nonché anima da anni di buona parte delle feste estive biellesi.
Proprio il capitolo estate, per quest’anno, dj Trope teme che si sia chiuso prima ancora di cominciare.

«D’estate ci muoviamo tanto – spiega – e questo sarà il primo problema. Di solito presento e faccio il dj a parecchie feste paese, molte delle quali sono già state annullate. Penso a quelle di Lessona, Mongrando, Vergnasco, Spolina… Anche come locale organizzare la proposta estiva diventa difficile, non credo si potranno dare licenze di intrattenimento o temporanee perché gli assembramenti sarebbero inevitabili».
E di certo un locale come quello di via Galilei difficilmente potrà immaginare di lavorare indoor anche con l’arrivo del caldo.
Questi sono i problemi formali, poi ci sono quelli sostanziali, comuni al Galileo, così come a buona parte dei locali cittadini pensati principalmente per il dopo cena.

«La gente da me non viene per bere un cocktail in angolo da sola, ma per stare in mezzo gente – continua dj Trope -. Con le restrizioni che ancora ci saranno nella fase 2 non so se sarà possibile lavorare. Con il mio socio stiamo valutando il da farsi. A certe condizioni potrebbe convenire tenere ancora chiuso finché non diminuiranno le restrizioni. Aprendo, i costi aumenterebbero – staff, forniture… -, a fronte di incassi nettamente ed inevitabilmente inferiori. E poi in un posto come questo come fai a gestire la gente? Come fai concretamente a impedirle di avvicinarsi? L’unica speranza è che anche la fase 2 non duri troppo a lungo, perché pur lavorando, in condizioni restrittive per i locali sarebbe dura tirare fuori un guadagno».

La fine del tunnel sembra ancora lontana, dunque, nonostante siano già trascorse diverse settimane di chiusura forzata.
«Come campiamo ora? Stando a casa e usando i risparmi – è la risposta di Tropeano -. Ad oggi molti della mia categoria non hanno ancora ricevuto nemmeno i 600 euro. Parlando con i colleghi percepisco timori diffusi, anche perché in queste situazioni le nostre attività si svalutano. Non puoi nemmeno dire “vendo tutto e cambio lavoro”. Senza contare che nemmeno ne ho intenzione: voglio continuare a fare il mio mestiere».

In questi giorni in tanti si stanno chiedendo quali possano essere le soluzioni: «A mio parere – sostiene a questo proposito – lo Stato dovrebbe permetterci di aprire con le misure che saranno necessarie, rendendosi però conto che le restrizioni inevitabilmente in questo settore faranno colare a picco gli incassi. Basterà guardare i conti. Devono venirci incontro aiutandoci ad abbattere tutti gli altri costi. Spostare le scadenze serve a poco».

Lo scenario peggiore sembra essere quello di pub, cocktail bar e discoteche, il cui destino è strettamente collegato. Di quest’ultima categoria ormai è sopravvissuto soltanto il Road Runner di via Tollegno, che tuttavia ha un valore fondamentale anche per gli altri locali: quando è aperto, tendenzialmente tutti lavorano di più, anche perché c’è più gente che rimane a Biella a trascorrere la serata. Sarà difficile, però, immaginare discoteche e discobar con le persone distanti tra loro. Per dirla con le parole di Maurizio Crozza: per la legge di Newton, due corpi nel vuoto si attraggono; figurati in discoteca.

«In effetti – conferma Tropeano – la folla e il cosiddetto “assembramento” sono le ragioni per le quali la gente frequenta certi locali. Se le elimini, ne elimini l’anima stessa. Forse la soluzione migliore sarebbe temporeggiare ancora un po’, con l’aiuto dello Stato per non far fallire le società, e posticipare tutto a quando le cose andranno meglio. Una sola cosa è certa: lo svago e l’intrattenimento in qualche modo devono sopravvivere perché sono fondamentali per ogni comunità».

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