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All’età di 19 anni giocava da professionista

La storia Paolino Casagrande, calciatore di serie C negli anni Settanta, racconta la sua incredibile esperienza nel periodo d’oro della Cossatese

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COSSATOPaolino Casagrande, 70 anni, calciatore di serie C negli anni Settanta, racconta la sua esperienza nel periodo d’oro della “Cossatese”.

«Mi sono avvicinato allo sport partecipando alle iniziative dell’oratorio di Santa Maria Assunta, con don Pietro Castagnone, che era vice parroco. Erano gli anni in cui frequentavo ancora l’avviamento commerciale. Avevo 12 o 13 anni. A occuparsi delle specialità sportive, dall’atletica al calcio, c’era lo Splendor, diciamo che sono nato sportivamente con loro. In seguito mi sono avvicinato alla Cossatese, notato da Alfredo Aguggia, che a quei tempi era responsabile, con Remo Motto, del settore giovanile della società. Ho esordito negli “allievi”, sempre nel ruolo di portiere. Si giocava al campo “Fila” di via Amendola. Continuando nel settore giovanile sono arrivato alla categoria “juniores”».

A 17 anni, Paolino faceva parte della prima squadra, come portiere di riserva.
«A metà campionato ero diventato titolare a causa di un infortunio occorso a Martino Camposeo, che arrivava dalla Juventus e che posso dire sia stato il mio maestro. A 17 anni ero semi professionista in serie D e sono rimasto in quel ruolo fino al raggiungimento della serie C. A 19 anni, ho avuto la fortuna di vincere la quarta serie e di passare in serie C come professionista. Cosa che mi aveva permesso, durante il periodo di servizio militare, di aderire al Centro atleti di Bologna, allenato da Sentimenti Sesto della Juventus. Essendo uno sportivo, come si usava per tutti gli atleti, mi era stato assegnato il grado di caporale maggiore. Nella vita invece ho sempre lavorato per un’azienda di calcestruzzi, il cui titolare era uno dei dirigenti della Cossatese, il che mi permetteva di avere i permessi necessari per giocare a calcio».

L’aspetto che più rimane nei ricordi è la vittoria in quarta serie, che aveva permesso a Paolino di passare in serie D nel campionato 1970/1971 e di aver giocato nel 1972/1973 in serie C con la Cossatese.

«Nel campionato successivo siamo poi retrocessi in serie D, a seguire però, io poi ho lasciato Cossato per andare in Lombardia a giocare in diverse squadre.  Erano altri tempi, non di certo quelli attuali – dice ancora -. Si facevano parecchi sacrifici. La mia carriera calcistica posso dire che sia finita con i miei 39 anni, a Brusnengo, giocando in terza categoria. A seguire sono diventato presidente del Gruppo sportivo “Spolina” per qualche anno e poi presidente della As “Cossatese”.  Mi sono poi ritirato da dirigente di società, ma siccome al tappeto verde non si dice mai di no, ancora adesso sono preparatore di giovani portieri. Faccio un po’ di scuola a Lessona. Mi adopero ancora a fare qualcosa».

Fra i ricordi, ne ritorna uno, non particolarmente bello, ma significativo.
«Ero stato contattato da una squadra di serie B e avevo appuntamento con loro dopo aver disputato la partita Cossatese-Parma, ma purtroppo tornando a casa, ho dovuto fermarmi all’ospedale di Modena a causa di un incidente con la macchina. Con quel fatto avevo perso anche il treno per la convocazione in serie superiore. Sarebbe stata un’opportunità. Verso la fine della carriera, invece, ricordo che mi dicevano che ero un para rigori, e in effetti durante una partita al campo della Picchetta ne avevo parati tre. In qualità di portiere poi, ero padrone dell’area di gioco dinanzi alla porta, ma i giocatori che avevo davanti erano sempre più anziani di me e spesso mi dicevano: “Ragazzino, stai zitto” e io replicavo: “No, qui comando io”».

Paolino ricorda anche Bruno Padulazzi, che lo allenava in serie C ed era stato terzino dell’Inter: «Dopo aver completato l’attività di riscaldamento, lui già cinquantenne e con un’esperienza da professionista che si notava, quando mi tirava i palloni, diceva: “Se sei un merlo, vola” e io come portiere, per parare, cercavo di volare».

Anna Arietti

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