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Aiutatemi a ritrovare mia sorella

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Aiutatemi a ritrovare mia sorella.
La piccola Giuseppina Maria Giacalone, di soli tre anni, è sparita nel nulla durante l’alluvione del 1968

«Quando ho visto la fotografia di quella bambina, in braccio al carabiniere, ho sperato fosse mia sorella, dispersa ormai da cinquant’anni».
Non sono soltanto storie belle da raccontare, quelle dell’alluvione del 1968. Accanto alle vicende a lieto fine, come quella che ha ottenuto la ribalta nazionale nei giorni scorsi, ci sono le tragedie delle troppe vite spezzate, di chi non ce l’ha fatta e di chi è rimasto a piangere. Oppure quelle di chi addirittura non è mai stato trovato, come la piccola Giuseppina Maria Giacalone. Aveva soltanto tre anni ed è stata trascinata via dall’abbraccio mortale dell’acqua e del fango. È sparita nel nulla: il suo corpo non è mai stato recuperato, i suoi cari non hanno mai avuto una lapide sulla quale piangerla. Motivo per cui, nonostante si tratti di un’ipotesi quasi impossibile, non hanno mai smesso di sperare che si fosse salvata. Non hanno mai rinunciato all’idea di poterla un giorno riabbracciare. Oppure, perlomeno, di avere un luogo in cui darle una degna sepoltura. A tenere vivo il suo ricordo non sono più il papà Leonardo e la mamma Rosaria, entrambi mancati, ma la sorella José Maria, che oggi vive a Marsala, in Sicilia, suo paese d’origine. È stata lei a raccontarci la storia della sua famiglia e di quel maledetto giorno.
Una famiglia di emigranti
La famiglia Giacalone si era trasferita nel Biellese da pochi anni. Come tanti conterranei, era emigrata dal sud in cerca di lavoro e di una vita migliore nel ricco nord. Prima papà Leonardo, poi tutta la famiglia. E le cose stavano andando bene. Le fabbriche tessili, alla costante ricerca di manodopera, garantivano lo stipendio e un po’ di tranquillità.
«Ogni mattina – ricorda José Maria, conosciuta come Giusy – mio padre prendeva il motorino e andava al lavoro. Quel giorno, invece, era rimasto a casa, era impossibile muoversi. Quando la situazione precipitò, mia madre prese mio fratello, mentre mio padre si occupò di me e della mia sorellina. Avevamo 5 e 3 anni. La gente gridava, eravamo terrorizzate. Lui ci diceva di stare tranquille, che sarebbe andato tutto bene».
Ma ormai era già troppo tardi, la furia dell’acqua stava prendendo il sopravvento: «Con grande fatica – continua Giusy – riuscì a portarci fuori dalla casa allagata, ma era un’impresa rimanere in piedi, tra fango, detriti, cavi… Scivolò una prima volta, poi una seconda. Era disperato ed esausto, ma riuscì a trattenerci entrambe. La terza volta fu fatale: perdemmo mia sorella. Finimmo tutti in acqua, mio padre mi acciuffò per i capelli e mi riportò a galla; lei, invece, fu trascinata via dalla corrente. Lui la sentì soltanto dire “papà”, poi non la vedemmo più».
Una ferita mai rimarginata
Quel giorno segnò per sempre la vita della famiglia Giacalone, che poco tempo dopo decise di tornare in Sicilia. Rimanere qui sarebbe stato impossibile: «Mio padre continuava a vedere la figlia, la vedeva e la sentiva chiedere aiuto. La sentiva ripetere “papà”. Non riusciva a liberarsene, il senso di colpa non lo abbandonava mai. Ce ne siamo andati da ValleMosso, ma il suo cuore è rimasto lì. Ha passato la vita giurando che l’avrebbe ritrovata prima o poi. Purtroppo non ce l’ha fatta. Nel corso degli anni ha scritto a tutti, anche al sindaco, il più delle volte senza nemmeno ricevere risposta. Per loro probabilmente il caso era chiuso. Mia sorella è rimasta il suo pensiero fisso, fino a tre anni fa, quando è morto. Se n’è andato con la pena di chi ha smarrito la propria bambina».
Un barlume di speranza ancora vivo 50 anni dopo
Sono passati cinquant’anni e José Maria Giacalone nel 1968 era molto piccola, ma mentre parla le trema ancora la voce. Quella foto della bambina con il carabiniere ha riportato il tempo indietro. «Non auguro a nessuno di vedere e vivere quello che ho visto e vissuto io – prosegue la donna -, il semplice pensiero ancora oggi riesce a scuotermi e a farmi rabbrividire. Guardando la bambina nella foto, ho rivissuto quei momenti: è stato un tuffo al cuore, ho pensato “quella è mia sorella”».
«Aiutatemi a ritrovarla»
Purtroppo per lei, non era così. Tuttavia la signora Giacalone ha voluto cogliere l’occasione per riaccendere i riflettori su quella bimba sparita nel nulla a soli tre anni: «Vorrei soltanto sapere la verità, vorrei almeno avere un posto per poterla piangere e ricordare. E coltivo una speranza quasi inconfessabile: so che le probabilità che la mia sorellina sia sopravvissuta sono praticamente nulle, però chi lo sa, magari dopo essere caduta ha trovato un appiglio, magari è riuscita a rifugiarsi in un angolino. Magari qualcuno l’ha salvata e adottata. E può riconoscerla in questa foto. Per questo vi chiedo di pubblicarla – è il suo appello -. Chiedo con tutto il cuore di aiutarmi a ritrovarla. Per me, ma soprattutto per i miei genitori, che non hanno mai smesso di aspettarla e di pensare a lei».
Matteo Floris

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