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Afghanistan chiama e il TAM risponde

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Afghanistan chiama e il TAM risponde. Si chiama “School of Enlightenment“, la scuola afghana le cui allieve hanno collaborato con gli studenti dell’istituto biellese durante l’anno superando le distanze e le differenze di lingua e di appartenenza. Colloquiando in call con gli allievi e i professori del TAM, le ragazze afghane hanno realizzato una collezione di abiti seguendo i concetti che portano dal disegno alla confezione. Sono stati così prodotti una quindicina di modelli, fedeli alla tradizione, ricchi di ricami e colori, ma concepiti secondo un percorso ragionato e nuovo per chi ha avuto la fortuna (da entrambe le sponde) di prendere parte allo scambio. «I tessuti li hanno in parte comperati loro e in parte già li avevano in casa – spiega Fabio Diamante, direttore della scuola -. Molte donne fanno da sé i vestiti per la famiglia e ne vendono alcuni. Gli stili sono stati più d’uno, da quelli da festa, a quelli di uso quotidiano». Per Husna, Nooria, Fatima, Madina, Hena, Sahar, Brishna, tutte di età compresa tra i 14 e i 19 anni, e altre loro compagne si è aperta una finestra sul mondo, un’opportunità di confrontare il loro modo di lavorare con quello occidentale messo a punto dai loro coetanei. «La maggior parte degli abiti colorati, con applicazioni e ricami che abbiamo trasformato e occidentalizzato con stampa e fantasia Galles, sono stati progettati seguendo le suggestioni del loro territorio – proseguono Gigliola Vinci, Andrea De Marco e Giovanna Calogero, i docenti che hanno coordinato i lavori al TAM -. Le loro ispirazioni sulla base dei moodboard sono partite dalla fantasia, quella di realizzarsi (ognuna ha ritratto se stessa con indosso un abito correlato allo studio eseguito). Con il pensiero sono riandate a quando in Afghanistan si poteva ancora festeggiare il proprio compleanno con abiti da festa o indossare un paio di jeans. In questo percorso è emersa la loro necessità di avere un sogno, di avere spazi e orizzonti più aperti: colori brillanti, luce e gioia il tutto trasmesso a noi col massimo dell’umiltà e soprattutto della gratitudine» Un’esperienza straordinaria che ha arricchito non solo le ragazze afghane, ma anche il gruppo degli studenti che hanno potuto prendere coscienza di dimensioni distanti per cultura, tradizione e stile di vita.

Afghanistan chiama e il TAM risponde. Si chiama “School of Enlightenment“, la scuola afghana le cui allieve hanno collaborato con gli studenti dell’istituto biellese durante l’anno.

Afghanistan chiama e il TAM risponde

Afghanistan chiama e il TAM risponde. Si chiama “School of Enlightenment“, la scuola afghana le cui allieve hanno collaborato con gli studenti dell’istituto biellese durante l’anno. Colloquiando in call con gli allievi e i professori del TAM, le ragazze afghane hanno realizzato una collezione di abiti seguendo i concetti che portano dal disegno alla confezione. Sono stati così prodotti una quindicina di modelli, fedeli alla tradizione, ricchi di ricami e colori. Ma concepiti secondo un percorso ragionato e nuovo per chi ha avuto la fortuna (da entrambe le sponde) di prendere parte allo scambio.

Una finestra sul mondo

«I tessuti li hanno in parte comperati loro e in parte già li avevano in casa – spiega Fabio Diamante, direttore della scuola -. Molte donne fanno da sé i vestiti per la famiglia e ne vendono alcuni. Gli stili sono stati più d’uno, da quelli da festa, a quelli di uso quotidiano».

Per Husna, Nooria, Fatima, Madina, Hena, Sahar, Brishna, tutte di età compresa tra i 14 e i 19 anni, e altre loro compagne si è aperta una finestra sul mondo. Un’opportunità di confrontare il loro modo di lavorare con quello occidentale messo a punto dai loro coetanei.

Tanti abiti colorati

«La maggior parte degli abiti colorati, con applicazioni e ricami che abbiamo trasformato e occidentalizzato con stampa e fantasia Galles, sono stati progettati seguendo le suggestioni del loro territorio – proseguono Gigliola Vinci, Andrea De Marco e Giovanna Calogero, i docenti che hanno coordinato i lavori al TAM -. Le loro ispirazioni sulla base dei moodboard sono partite dalla fantasia, quella di realizzarsi (ognuna ha ritratto se stessa con indosso un abito correlato allo studio eseguito). Con il pensiero sono riandate a quando in Afghanistan si poteva ancora festeggiare il proprio compleanno con abiti da festa o indossare un paio di jeans. In questo percorso è emersa la loro necessità di avere un sogno, di avere spazi e orizzonti più aperti.Colori brillanti, luce e gioia il tutto trasmesso a noi col massimo dell’umiltà e soprattutto della gratitudine»

Un’esperienza straordinaria che ha arricchito non solo le ragazze afghane, ma anche il gruppo degli studenti che hanno potuto prendere coscienza di dimensioni distanti per cultura, tradizione e stile di vita.

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