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Ma che importanza diamo noi a un pallone

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Quante linee invisibili e parallele uniscono i mondi che abitano questa terra. Mondi che sembrano lontani, assurdi gli uni agli altri, incroci pericolosi che spesso generano morte e dolore.

Quante linee invisibili e parallele uniscono i mondi che abitano questa terra. Mondi che sembrano lontani, assurdi gli uni agli altri, incroci pericolosi che spesso generano morte e dolore.

E’ di questi giorni la notizia dell’ennesima strage religiosa compiuta in Iraq in nome di un fanatismo che nessuna religione cita: 13 bambini giustiziati dagli jiihadisti per aver guardato la partita della loro nazionale nella coppa d’Asia.

La sharia, ad interpretazione di uomini senza più lume della ragione, non ammette nemmeno più che dei bambini inseguano anche solo con gli occhi quella palla dietro la quale sono cresciute e hanno sognato generazioni ricche e generazioni povere, da un lato all’altro del pianeta.

Quello però che m’ha impressionato è stata la reazione di noi occidentali.

Nessuna marcia con migliaia di palloni, nessuno striscione negli stadi, nessun lutto al braccio dei giocatori dei campionati europei.

E’ possibile veramente che tutte le battaglie di civiltà scattano solo se “ il fattaccio” viene commesso sul suolo europeo o americano?

C’è un filo sottile che lega il gioco del calcio alla libertà di stampa.

Nessun regime dittatoriale ha mai considerato questo gioco un pericolo, anzi, la vittoria di una nazionale è stata spesso vissuta come esempio di riscatto per paesi poveri o di potenza elevata a ogni ambito per le grandi nazioni ricche e prosperose.

C’è un filo sottile che lega il gioco del calcio a quell’idea di libertà che noi occidentali crediamo d’aver acquisito in ogni ambito della nostra vita, una libertà così forte ed assoluta che ha finito per obbligarci a scrivere regole limitanti, una libertà così grande da consentire tutto a tutti negli stadi fino ad avere luoghi carichi di odio e libertà d’espressione così accentuata da impedire ai bambini di entrarci per guardare una partita.

Ed ecco che proprio qui nasce quel legame al contrario, quel controsenso mostruoso che forse ci ha impedito di scandalizzarci veramente per la morte di quei tredici bambini.

Non siamo stati capaci di distinguere la differenza che esiste tra la libertà di correre dietro ad un pallone e la capacità di rendere liberi tutti di lasciarlo guardare rotolare. Molte volte abbiamo assistito alla morte di giovani ragazzi a causa di partite di calcio, i bambini e le famiglie negli stadi ci vanno poco, un po’ per paura, un po’ per evitare ai più piccoli l’ascolto di frasi cariche di libertà di pensiero e di odio.

Ecco, ci siamo finalmente.  Nelle nostre democrazie a tutti è concesso di giocare a calcio ma vederlo praticare negli stadi è sconsigliato per tanti, troppi.

Ecco due follie così lontane e così vicine. Ci sono posti dove bambini muoiono per aver guardato una partita ed altri dove troppa libertà non uccide ma impedisce ai bambini stessi di entrare in uno stadio per vederla.

Riflettiamo bene perché sino a quando non capiremo il vero significato della parola libertà saremo fragili nel nostro sentirci ingiustamente forti.

Alberto Scicolone

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