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In piazza ad Atene nel giorno in cui ha vinto la speranza

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Piove quando scendiamo all’aeroporto di Atene, sembra un qualsiasi scalo internazionale, molto simile a Fiumicino, ricostruito con i soldi delle Olimpiadi del 2004.

Piove quando scendiamo all’aeroporto di Atene, sembra un qualsiasi scalo internazionale, molto simile a Fiumicino, ricostruito con i soldi delle Olimpiadi del 2004, il punto di non ritorno per l’economia greca e per la sua vecchia classe politica: miliardi di euro spesi ma anche persi in tangenti, corruzione, opere mai finite.

L’inizio della crisi per molti. Ci infiliamo nella metropolitana che ci porterà ad Omonia, un quartiere popolare al centro di Atene. Il paesaggio fuori dalla metro è abbastanza sconfortante: negozi chiusi e in affitto, persone che provano a venderti gli stick di colla o i “gratta&vinci” e le loro facce tristi, contrite.

La pioggia ha smesso di scendere ma le pozzanghere sono laghi per le strade con troppe buche. Verrebbe da pensare che non c’è nulla da fare, che la povertà, la crisi che da 7 anni ha colpito questo piccolo paese da dieci milioni di persone non offra più speranza.

Eppure c’è qualcosa che ci sfugge nonostante i tanti volti che incrociamo non sono di certo allegri e non sorridano neppure ai capannelli agli angoli delle strade, nemmeno nelle piazze popolate da giovani. C’è qualcosa che non torna. Domenica si vota e, passeggiando per le strade della capitale ellenica, sembrerebbe che il tempo sia sospeso, in un’infinita attesa. La stessa che proviamo quando dalle 18 andiamo sotto il tendone di Syriza, il partito di Alexis Tsipras, a pochi metri dall’Università. I greci non ci sono, ci siamo noi: italiani, tedeschi (sì, ci sono tedeschi che tifano contro il loro governo!), spagnoli, inglesi, portoghesi. Mentre si avvicinano le 19 ora locale e la chiusura dei seggi, la piccola piazza intorno al tendone comincia a riempirsi e abbiamo tutti il naso all’insù puntato sul maxi schermo che dovrà proiettare gli exit poll. Eccole, le prime proiezioni, la sinistra di Syriza è saldamente il primo partito, il popolo greco ha scelto.

La piazza esplode in un urlo liberatorio, gli europei presenti diventano minoranza e i visi seri dei greci che sono arrivati alla cetichella si fanno finalmente rilassati, felici ma anche incazzati; questo voto è stato prima di tutto un messaggio chiaro verso coloro che hanno affamato un intero paese, un milione di poverissimi e diversi milioni di disoccupati, il ritorno della mortalità infantile per denutrizione, la privatizzazione della sanità e il dimezzamento dei salari e delle pensioni. Questa è la politica imposta dalla cosiddetta Troika (Fondo monetario, Banca Centrale e Commissione Europea) che sta stritolando la vita di un intero popolo. La rabbia dei greci che domenica notte hanno esultato per la vittoria di Syriza è quella che li ha mossi, in questi difficili anni, per costruire forme di mutuo soccorso nei quartieri e nelle città elleniche: ambulatori e dentisti gratuiti, centri per il doposcuola e per la distribuzione dei pasti ma anche comitati per la difesa dei beni comuni.

Il popolo greco, l’abbiamo toccato con mano e lo dicono tutte le ricerche, è depresso, cronicamente e patologicamente depresso, i suicidi sono aumentati in maniera impressionante. Eppure un giovane leader di sinistra, un comunista diremmo dalle nostre parti, ha vinto le elezioni dicendo “arriva la speranza”. Per questo, dopo molte ore nelle quali si festeggia, si canta e si balla, ad un certo punto arriva lui, il futuro Presidente greco, Alexis Tsipras, e ringraziando il “suo” popolo per questo straordinario risultato, prima che partano i fuochi artificiali sopra il cielo di Atene, conclude così: “Ci riprenderemo la speranza, il sorriso, la nostra dignità, vi voglio ringraziare di cuore a tutti voi che avete lottato con ottimismo, prendendo la speranza tra le mani. Oggi festeggiamo, questo popolo ha bisogno di festeggiare. Forza e lottiamo insieme”.

Io non so se Tsipras ce la farà, non so quanto e come sarà possibile ridiscutere i trattati e rinegoziare il debito, non so se e come sarà possibile spezzare il circolo vizioso dell’austerità e interrompere l’impoverimento del popolo greco e cambiare con la Grecia l’intera Europa. Ho visto però un popolo che non si è rassegnato ma anche che non si è rinchiuso in sé, che ha saputo capire chi erano i responsabili della loro situazione e li ha combattuti.

In Grecia “ha vinto la speranza”. Speriamo che in Italia non vinca, mai, la paura.

Roberto Pietrobon

www.alasinistra.org

Eppure c’è qualcosa che ci sfugge nonostante i tanti volti che incrociamo non sono di certo allegri e non sorridano neppure ai capannelli agli angoli delle strade, nemmeno nelle piazze popolate da giovani. C’è qualcosa che non torna. Domenica si vota e, passeggiando per le strade della capitale ellenica, sembrerebbe che il tempo sia sospeso, in un’infinita attesa. La stessa che proviamo quando dalle 18 andiamo sotto il tendone di Syriza, il partito di Alexis Tsipras, a pochi metri dall’Università. I greci non ci sono, ci siamo noi: italiani, tedeschi (sì, ci sono tedeschi che tifano contro il loro governo!), spagnoli, inglesi, portoghesi. Mentre si avvicinano le 19 ora locale e la chiusura dei seggi, la piccola piazza intorno al tendone comincia a riempirsi e abbiamo tutti il naso all’insù puntato sul maxi schermo che dovrà proiettare gli exit poll. Eccole, le prime proiezioni, la sinistra di Syriza è saldamente il primo partito, il popolo greco ha scelto.

La piazza esplode in un urlo liberatorio, gli europei presenti diventano minoranza e i visi seri dei greci che sono arrivati alla cetichella si fanno finalmente rilassati, felici ma anche incazzati; questo voto è stato prima di tutto un messaggio chiaro verso coloro che hanno affamato un intero paese, un milione di poverissimi e diversi milioni di disoccupati, il ritorno della mortalità infantile per denutrizione, la privatizzazione della sanità e il dimezzamento dei salari e delle pensioni. Questa è la politica imposta dalla cosiddetta Troika (Fondo monetario, Banca Centrale e Commissione Europea) che sta stritolando la vita di un intero popolo. La rabbia dei greci che domenica notte hanno esultato per la vittoria di Syriza è quella che li ha mossi, in questi difficili anni, per costruire forme di mutuo soccorso nei quartieri e nelle città elleniche: ambulatori e dentisti gratuiti, centri per il doposcuola e per la distribuzione dei pasti ma anche comitati per la difesa dei beni comuni. Il popolo greco, l’abbiamo toccato con mano e lo dicono tutte le ricerche, è depresso, cronicamente e patologicamente depresso, i suicidi sono aumentati in maniera impressionante. Eppure un giovane leader di sinistra, un comunista diremmo dalle nostre parti, ha vinto le elezioni dicendo “arriva la speranza”. Per questo, dopo molte ore nelle quali si festeggia, si canta e si balla, ad un certo punto arriva lui, il futuro Presidente greco, Alexis Tsipras, e ringraziando il “suo” popolo per questo straordinario risultato, prima che partano i fuochi artificiali sopra il cielo di Atene, conclude così: “Ci riprenderemo la speranza, il sorriso, la nostra dignità, vi voglio ringraziare di cuore a tutti voi che avete lottato con ottimismo, prendendo la speranza tra le mani. Oggi festeggiamo, questo popolo ha bisogno di festeggiare. Forza e lottiamo insieme”.

Io non so se Tsipras ce la farà, non so quanto e come sarà possibile ridiscutere i trattati e rinegoziare il debito, non so se e come sarà possibile spezzare il circolo vizioso dell’austerità e interrompere l’impoverimento del popolo greco e cambiare con la Grecia l’intera Europa. Ho visto però un popolo che non si è rassegnato ma anche che non si è rinchiuso in sé, che ha saputo capire chi erano i responsabili della loro situazione e li ha combattuti.

In Grecia “ha vinto la speranza”. Speriamo che in Italia non vinca, mai, la paura.
Roberto Pietrobon
www.alasinistra.org

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