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Tutti dicono: “Viva la porchetta”

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Tutti la cercano, tutti la vogliono. Un rincorrersi tra quelle che diventano vie, viali, strade e incroci. Ti fermi, la guardi, la annusi, la brami. Costa tanto, costa poco, costa troppo? Come l’accompagno: con una bionda o con una scura? Dell’Est o del centro Europa? Ci penso, pondero, mi lascio trascinare dall’amico, anzi, li ritrovo molti amici. Perduti da mesi, forse da anni.

Tutti la cercano, tutti la vogliono. Un rincorrersi tra quelle che diventano vie, viali, strade e incroci.

Ti fermi, la guardi, la annusi, la brami. Costa tanto, costa poco, costa troppo? Come l’accompagno: con una bionda o con una scura? Dell’Est o del centro Europa? Ci penso, pondero, mi lascio trascinare dall’amico, anzi, li ritrovo molti amici. Perduti da mesi, forse da anni. Ma, almeno una volta l’anno, ci si ritrova qui. Perché la porchetta è una scelta. O forse no, è solo convenzione. Che in fondo io mi accontenterei anche di meno, ma, purtroppo, seguo la scia; tutti dicono “viva la porchetta!” e io mica posso essere da meno, no?! Almeno una volta l’anno…

Ci ritroviamo tutti qui, dalle valli alla pianura, dalle pendici dei monti alle umide risaie. I biellesi sono qui, tutti o quasi. Tutte e tutti insieme, che urlano e gridano e trangugiano in nome della “divin porchetta”. Perché l’estate delle sagre e delle feste di paese, quelle no: perché i giovani di Cavaglià a Cavaglià, quelli dell’Arci a Brovato solo se sono dell’Arci (di Brovato), e su in Campra solo se siete alpini (o giù di lì). Ecco, allora, che il “Mercato Europeo” sdogana la “porchetta” per tutti. Tutti felici e gaudenti di inondare di euro gli “stranieri” che, almeno, hanno il merito di farci ritrovare tutti insieme: ricchi e poveri, giovani e vecchi, valliggiani e cittadini, operai e industriali, occupati e disoccupati.

Ma che bella, però, la città viva; un po’ puzzolente, ma festante e festosa. Mi sono convinto che, per come sono fatti i biellesi, questa cosa possa avvenire solo perché (almeno all’apparenza) a farla non sono i biellesi. Nessuna gelosia, nessuna invidia, nessun odio verso chi ci guadagna. Mica lo conosco l’irlandese di Terni che mi vende le pinte di scura, non è il mio vicino quello che mi spilla la cruda artigianale o quello che mi griglia la salamella. Perché se lo fosse, se la birra fosse artigianale, ma di Biella, fatta con la nostra acqua, genuina e a chilometro zero, mica la berrei. Potrebbe non avere i requisiti dell’Haccp, che mi sembra una strana malattia, anche se, in verità, è molte volte solo burocrazia. Le scuse sono tante, milioni di milioni. Sarà per questo che al presidio Slow Food il biellese preferisce il fast food o il (finto) cinese a basso prezzo, perché il sushi (che è giapponese) è la morte mia! Terra strana questa, incorniciata tra le montagne, dove gli inceneritori non li vogliamo neppure dipinti, ma per i “clandestini” saremmo pronti ad aprirli. Però, a tutti quegli “stranieri” che per tre giorni ci spillano la birra – e anche gli euri – facciamo ampi sorrisi e anche i salamelecchi.

Chissà se un giorno le nostre sagre34, le feste campestri e le griglie in compagnia si metteranno insieme per avere finalmente la “porchetta di casa mia”, perché, a guardarci da fuori, non sembriamo per niente austeri e fieri, ma, più che altro, bonzi e anche un po’ scemi.

Roberto Pietrobon

www.alasinistra.org

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