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Siamo giovani, oltre alle canne c’è di più

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“Perché a vent’anni è tutto ancora intero/Perché a vent’anni è tutto chi lo sa/A vent’anni si è stupidi davvero/Quante balle si ha in testa a quell’età.” Così suonava la chitarra di Guccini nel ’78, anche se più che di stupidità e balle per la testa, si tratta di un gran casino. Tutto quello che circonda noi giovani, e in particolare noi giovani provincialotti in crisi, in una provincia in crisi, è un grande e grosso e grasso casino. E adesso vi racconto io quanto è difficile avere vent’anni, essere alla ricerca di un lavoro a Biella e tentare di non farsi prendere per il culo all’ennesima potenza, per l’ennesima volta. Nemmeno a specificarlo, quello che racconterò è totalmente frutto della mia fervida immaginazione, ma sono certa che, essendo questo un male comune, i più potranno impersonificarcisi almeno un pochetto.

La storia della signorina Pesca è la storia di tante come lei, fresche di studi, fresche di idee e spensieratezza, fresche di taglio corto indipendenza. Fresche, non fesse, ma a volte incoscienti di seguire il proprio pensiero, per quanto sbagliato possa essere. Pomposi curriculum lanciati ai titolari come petali di rosa sulla sposa, chiamate e colloqui, ipocrite  promesse e illusorie aspettative, flessibilità imposta e mettiti il rossetto-quello-rosso-va-bene-tette-belle-in-vista. Storie di “contratti”(?) – questi sconosciuti -, adrenalina e battiti cardiaci accelerati, che nemmeno al primo appuntamento con un amante.

Poi, c’è  Pesca che assume i mille volti del lavoro sottopagato: la collaboratrice bistrattata di qui e di là, la stagista senza rimborso di là e di qui, la tirocinante ad infinitum, Pesca che diventa l’apprendista quando ha finitum…. il tutto rigorosamente total black, che oltre a smagrire la figura, smagrisce bene anche il portafogli. Tanto magro è moda, che sia fisicamente, mentalmente o finanziariamente. Doveri che esistono, diritti non pervenuti, a qualsiasi livello, in qualsiasi campo, qualunque sia la tua voglia di imparare e crescere; unico minimo comune denominatore: non avere le rughe.

Mille e una Pesca che pagano con il sudore della fronte, delle ascelle e dei primi guadagni i propri studi, chiedendosi a quale mondo migliore porterà mai il sacrificio dei sabati sera in pigiama e pantofole, con maschera antistress in faccia. Storie di tristi fette di panettone, assaporate mentre si aspetta una tredicesima che non arriverà mai. Storie di turni serali un giorno sì, l’altro pure, per tenere aperta la baracca, e pastasciutte riscaldate che rimangono sullo stomaco mentre provi a prendere sonno. Storie di biscotti e sciroppi uccidi-nausea già dalla prima colazione, come se una bella tazza di  Plasil fosse aromatizzato bergamotto Earl Grey Twinings.

Storie di disperata accettazione, dal compromesso alla retribuzione, storie di Pesche che perdono l’aranciato, sano colorito, marcendo coperte da quella muffa che solo la rassegnazione può tirare fuori. Non sarà il mio caso, e okey , però poi ci si chiede come mai così tanti giovani si fumino le canne. Che i datori di lavoro si facciano due domande e si diano le dovute risposte. Esiste altro per noi?

Silvia Serralunga

La rubrica di Silvia Serralunga viene pubblicata  sulla Nuova Provincia di Biella in edicola sabato.

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