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Settimana di colpi di scena!

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Settimana di colpi di scena! Si inizia col fantastico Jenni La Carogna sugli schermi del mondo intero. Tutti hanno avuto la possibilità di vedere e annotare dov’è finito il Rinascimento, il  Diritto Romano, Dante, Michelangelo e Bernini, sulla maglietta e nei tatuaggi di Gennaro detto Jenni, icona e simbolo di un’Italia irrecuperabile.

Settimana di colpi di scena! Si inizia col fantastico Jenni La Carogna sugli schermi del mondo intero.

Tutti hanno avuto la possibilità di vedere e annotare dov’è finito il Rinascimento, il Diritto Romano, Dante, Michelangelo e Bernini, sulla maglietta e nei tatuaggi di Gennaro detto Jenni, icona e simbolo di un’Italia irrecuperabile.

Direte voi: un’Italia del sud? No, Napoli, Milano, Roma, Palermo, Torino e tante altre città italiane hanno enormi quartieri pieni di Jenni la carogna, Totò  la munnizza, Alfio la sputazza, Mario il ruttone, Antonio la sloffa: altisonanti nomi e cognomi  che connotano nobiltà d’animo e liberalità di comportamenti.

Hanno arrestato l’ex ministro Scajola. Bunom, se fosse andato con Dell’Utri in missione per conto di Berlusconi in Libano sarebbe fuori dalle patrie galere, non ha fatto in tempo a sincronizzarsi con Silvio l’addolorato.

La campagna elettorale va avanti tra un rutto e un sussulto. Al 50% degli italiani non gliene frega una beata mazza. Il restante 50% finge di accapigliarsi tra Matteo, Beppe e Silvio.

Sono i tifosi, i fedeli, i facenti parte della setta, i clebbaroli, i “o si cambia l’Italia o si muore”. Sono passati gli statisti veri, sono passati i politici signori, passeranno anche questi statisti della trifola a pagamento, i Masaniello al pesto e i nuovi La Pira. Rimarranno sempre a consolarci il cuore i Razzi, gli Scilipoti e i Mastella, simboli veri della farsa del peto e del rutto di questo popolo  carogna.

Sul lavoro, mia gentile lettrice viglianese, sono effettivamente pessimista. La piena degli ultimi decenni scellerati si è portata via i capitani d’industria, quei pazzi sognatori che riuscirono a immaginare e costruire tintorie a Trivero, megafabbriche a Coggiola o a Tollegno, filature in montagna e tessiture in qualsiasi angolo del Biellese.

Oggi ci mancano quei sognatori che avevano fame e voglia di emergere e imporsi in Italia e nel mondo.  Ci mancano quei munsù Giletti, Botto, Rivetti, Fila, etc.etc. che  sfidarono il mondo con una rocca e un gomitolo di lana. I loro discendenti  sono stati mediocri e spesso incapaci. Non hanno più sognato, non hanno più inventato. Peccato, senza quei pazzi siamo orfani e randagi: capannoni vuoti e pezze nel culo!

Beppe Pellitteri

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