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Quelli che si sniffano Biella

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Suscitare un’emozione ai tuoi lettori e aspettare le conseguenti reazioni è uno degli aspetti che più mi intrigano e che più adoro del parlare di me attraverso un semplice appuntamento settimanale, sia che i suddetti soggetti sostengano le mie idee, ritrovando un po’ di loro in quel che esprimo, sia che detestino ciò che propongo, considerandolo feccia. Azione e reazione. Amore e odio. La storia della mia bella Pesca, alla faticosa ricerca di un lavoro dignitoso, ha alzato moltissimi polveroni, polveroni di bianco e polveroni di nero. Nessuna sfumatura di grigio. Era inevitabile, e ne sono grata. Così, anche se mi ero proposta di non sfiorare mai più questo articolato e sentito argomento, che purtroppo, volenti o nolenti, ci attanaglia tutti, incurante della nostra età anagrafica, cado in tentazione, e riprendo da dove ho interrotto, con la speranza di ricevere in dono, ancora una volta, un violento riscontro, non solamente da imprenditori e professionisti ormai, faticosamente, avviati, ma anche dai miei, forse più intimoriti o disinteressati, coetanei.

Spaccati di fresche vite che stanno imparando a galleggiare senza l’ausilio di braccioli, a sbattere il muso contro il cemento armato e a rialzarsi con un fazzoletto rubino sul naso, impregnato di giovane sangue. Presto detto che per un “anta”, che vive con grande pena l’uggiosa situazione biellese e che distingue tanti ragazzi volenterosi mescolati alla marmaglia di altrettanti ragazzi irresponsabili e svogliati,  perché ce ne sono a bizzeffe, la soluzione più immediata è quella di spronare prole, nipoti, vicini di casa, figli della panettiera all’angolo a prendere e cambiare aria, riponendo in straniere terre le aspettative deluse dal nostro mortorio. Devo, tristemente, constatare che, molto spesso, quella scintilla di coraggio e speranza che dovrebbe appartenere alle nuove generazioni la vedo maggiormente negli occhi disillusi degli adulti, genitori e non, che, osservando la desolazione che ci sta caratterizzando, vorrebbero reagire al posto nostro.

Vuoi per esperienza personale, vuoi per auspicarci domani meno peggiori di questi oggi, loro ancora credono a quanto straordinariamente possano giovare radicali salti nel vuoto, che giovani, magari all’apparenza intraprendenti o con personalità da vendere, non hanno le palle o lo sbatti di affrontare. O non hanno i mezzi. Volere è potere, dicono. Ma un volo oltreoceano, talvolta, più che ancora di salvezza, ha le sembianze di un utopico investimento che non tutti possono permettersi, per mille, svariati, insindacabili motivi, di sostenere.

Piuttosto, tasto assai dolente, rimane la magra constatazione che chi può, non vuol. Che cosa cavolo ci fanno con i soldi i futuri imprenditori nostrani, a cui escono paghette a doppi zeri da ogni orifizio? Se li fumano? Se li bevono il sabato sera? Li usano per rimorchiare? Sì. Sì. E ancora, sì. Quanti “figli di”, tra i nuovi rampolli biellesi, anziché giocare a fare i cremini o i finti clochard shabby chic, potrebbero scomodare i soldi del papi da sotto il materasso e investirli in progetti ambiziosi e innovativi per il bene del nostro morente, fantasmagorico e trascurato territorio? Più di un paio di nomi io li avrei. Certamente è più comodo foraggiare la movida milanese in cui c’è tutto, dalle modelle tatuate al drink di tendenza, sniffandosi su anche il pensiero che Biella avrebbe tutte le carte in regola per essere rivalorizzata. Quanto sarebbe stimolante essere circondati da più dinamismo e meno sfigati. Altro che strisciare la carta in Via Italia per portarti a letto.

Silvia Serralunga

La rubrica di Silvia serralunga viene pubblicata sulla Nuova Provincia di Biella in edicola sabato.

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