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La marcia per la vita di un agnellino
«Mamma, non hanno sempre detto che i bambini non si toccano, che i bambini sono sacri? Non marciano per la vita, difendendo anche la più piccola tra le forme viventi? Io cosa sono mamma? Sono nato da pochi giorni e sento il sole che mi fa addormentare ogni volta che piango perché mi strappano da te, dal tuo latte, dalle tue carezze, che non hanno mani, ma anima.
Ci sono lacrime che cadono sulla terra e scivolano verso il mare, altre che si addormentano nella notte e diventano di giorno il seme per un piccolo fiore.
Io forse sono una di queste, mamma? Non ci voglio pensare. Ti guardo da lontano, non ti perdo mai di vista, mamma, perché passo la giornata pensando a te, perché sono un “bambino”, anche se un po’ diverso.
Oggi è passata una famiglia, mi ha fatto tante carezze. Ho sentito che dicevano ai loro bambini che noi siamo gli animaletti che servono a farli addormentare, che noi siamo i personaggi di tante favole popolate da un lupo cattivo, che anche le nuvole hanno il nostro nome.
Sono felice, mamma. Anche se ti vedo poco, sento che domani ci ritroveremo insieme nel prato e giocheremo insieme.
I bambini non si toccano. Almeno non erano queste le regole? Ah già. Anche la mafia oramai spara a una mamma col proprio bimbo tra le braccia.
I bambini non si toccano mai, perché i bambini sono indifesi. Li ho visti marciare, tutti insieme, per la vita, in difesa del diritto di ogni creatura di venire al mondo.
Li ho visti, mamma, e mi sono sentito al sicuro».
No, non sto marciando, con la mia penna, come tanti ipocriti che difendono la sacralità della vita solo se questa è figlia dell’umanità, non sto marciando per il diritto di un feto a vedere la nuova vita, ma per un agnellino che, proprio come lui, non ha parola.
Contro le sue urla di terrore, contro le sue grida, che sono uguali a quelli di un bambino, per il suo diritto a non essere massacrato, che è uguale a quello di un feto, nessun sindaco scende in piazza, nessun sacerdote predica dal pulpito, nessun movimento per la vita marcia.
«Mamma, mi avevi promesso che avremmo aspettato insieme l’erba di maggio. Ho cercato ancora il tuo latte, aggrappandomi alle dita di un uomo che mi trascinava via.
Ricordati di me quando sarà estate: io avrei imparato a correre.
Mamma, i bambini non si toccano mai. Dipende dalla bontà degli uomini».
Alberto Scicolone
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