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Inaugura sabato al Macist la mostra Hope di Gianni Depaoli

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BIELLA – Da domani, sabato 31 ottobre a domenica 29 novembre 2020 potrà essere visitata la mostra “Hope” di Gianni Depaoli che si terrà al
MACIST Museum (Via Costa di Riva, 9 – Biella) .

L’inaugurazione sarà sabato 31 ottobre alle 17,00/18,00 (gli ingressi,
con obbligo di mascherina e rilevazione temperatura, saranno
contingentati nel rispetto delle norme vigenti).

In occasione dell’inaugurazione della mostra personale l’artista donerà alla Fondazione Edo ed  Elvo Tempia Valenta per la lotta contro i tumori l’opera “Brandelli d’Italia”, che entrerà così a far  parte della collezione permanente del Museo. 

Hope 

Gianni Depaoli, artista materico originalissimo, infonde sacralità a elementi organici marini  trasformandoli in creazioni estetiche affascinanti e perturbanti, che rievocano il vissuto  dell’ambiente e trasmettono sensazioni di nuova vita. Hope presenterà una serie di opere recenti,  particolarmente attuali e dalla forte carica espressiva. 

Il percorso artistico di Gianni Depaoli, favorito dal recupero di una tradizione familiare – il  commercio di prodotti ittici – e scaturito dalla passione che da sempre nutre per il mare e i suoi  abitanti, intende innanzi tutto sensibilizzare sul tema del degrado ambientale e far riflettere  sull’importanza della tutela di specie marine protette. 

Le «constatazioni» di Depaoli sulla biodiversità e l’ecosostenibilità includono anche la questione  attualissima della gestione del rifiuto, del trash organico, destinato allo smaltimento e alla  decomposizione. Nelle opere di Depaoli lo scarto organico, testimonianza dell’edibile che ha  nutrito i popoli, assume una nuova e preziosa valenza, quello di nutrimento spirituale delle menti.  In questo modo l’artista nobilita e sacralizza specie marine straordinarie come i cefalopodi che – attraverso i loro liquidi, i resti e i frammenti – “rinascono” infinite volte trovando il proprio riscatto  nell’incanto della realizzazione estetica. 

Questi intriganti lavori intendono principalmente celebrare la bellezza e la spettacolarità della  natura. Tuttavia non possono fare a meno di trasmetterci – attraverso le molteplici increspature  delle pelli, le diffuse lacerazioni e il colore rosato dell’inchiostro organico – anche sensazioni di  turbamento e inquietudine, nel riportarci alla mente i comportamenti scellerati dell’uomo  sull’ambiente e a ricordarci – come in parte accadeva nelle celebri composizioni con macchie  “rosso sangue” di Alberto Burri – il dolore e la sofferenza, come quella inflitta dagli umani su  animali spesso indifesi. 

Gianni Depaoli, che a lungo ha collaborato con i musei di Scienze naturali d’Europa, ha ideato un  processo molto avanzato che gli permette di preservare al meglio il materiale organico impiegato  per le sue «pitture materiche». Gli strumenti utilizzati sono essenzialmente aghi d’acciaio e bisturi  chirurgici; le pelli delle specie marine vengono trattate con maestria mediante resine e agenti  chimici segreti, che permettono di mantenere intatte tutte le eleganti e preziose sfumature del  derma. 

La mostra ha inizio con Libertà, opera figurativa del 2015, che testimonia l’iniziale vicinanza di  Depaoli a certe suggestioni Pop. In questo lavoro – appartenente alla serie Teuthoidea, che prende  spunto dal nome scientifico dell’ordine dei cefalopodi – l’artista riesce incredibilmente a dipingere  utilizzando l’inchiostro organico del calamaro, il quale presenta molteplici sfumature di colore che  vanno dal rosa tenue al rosso più acceso. 

Brandelli d’Italia (2018) è un’opera decisamente più “energica” che ci conduce verso una più  marcata concettualizzazione del soggetto. Il lavoro, che intende «scimmiottare» l’inno Fratelli  d’Italia, ci riporta subito alla mente le celebri parole attribuite a Massimo d’Azeglio all’indomani  della formazione del Regno d’Italia («Pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani»).  Brandelli d’Italia propone i contorni di un’Italia scomposta e disgregata, percorsa interamente –

isole incluse – da un solco divisorio che apre qua e là squarci e crepe. Depaoli realizza un “ritratto”  di un luogo perennemente diviso da conflitti storici, culturali, ideologici; un paese lacerato e in  difficoltà, colpito da impellenti problematiche ecologiche, sociali e sanitarie. La modalità di  presentazione dell’Italia, rivoltata da Depaoli, si riallaccia palesemente al famoso ciclo di opere  realizzate da Luciano Fabro, in cui la penisola era piuttosto frequentemente «appesa in giù». 

Con Niagara Falls entriamo nel progetto che Depaoli chiama «Abissi», una serie avvincente che  vuole indagare il «noto e l’ignoto» e ha per oggetto il pensiero umano, con tutti i suoi tortuosi e  intricati percorsi. In questa raffinata composizione, la pelle e l’inchiostro di cefalopode si  tramutano in un trasparente tessuto naturale. Osservando questa “seta evanescente”,  l’impressione è di poter scorgere il fluire dei pensieri dell’uomo che a volte si smarriscono in  meandri inaspettati, generando sconforto; fino a che non sopraggiunge una corrente più vigorosa, che ci dà lo slancio per ripartire serenamente. 

La mostra si conclude con Occhi e Vita, due opere inedite – realizzate entrambe nel 2020 – che  aspirano a lanciare un forte messaggio di speranza, di fiducia e di rinascita. 

Occhi raffigura, all’interno di una cornice rettangolare che ben custodisce tutte le venature e gli  effetti naturali della pelle di calamaro, la parte superiore di un anonimo volto dalle cavità orbitarie  molto nette. Che si tratti di una sorta di maschera indefinita o di una rappresentazione di una  misteriosa creatura umanoide – proveniente magari dal mondo marino a noi sconosciuto – poco  importa. Occhi vuole celebrare un organo di senso e un medium di comunicazione che, anche a  causa della prescrizione corrente di utilizzo della mascherina, è divenuto fondamentale e sempre  più rilevante. Gli occhi parlano in modo silente, comunicano con intensità; non sono in grado di  ingannare poiché sono lo «specchio dell’anima»; e – ancora – ci rammentano l’essenzialità di certi  sguardi, come quelli del personale sanitario, che assistono e confortano tante persone in terapia  intensiva. 

Vita costituisce l’opera-emblema della mostra ed è un lavoro che sembra anche precorrere l’indirizzo artistico che Gianni Depaoli intende maggiormente sviluppare. Nella sua incessante  ricerca di nuovi materiali organici marini l’artista ha recentemente scoperto le “schiuse di  ovature”, affascinanti agglomerati di uova che danno origine ai murici, molluschi gasteropodi, da  cui – fin dall’antichità – si ricavano i pigmenti di porpora reale, il colore della Roma imperiale.  Queste attraenti “schiuse di ovature”, poste da Depaoli al centro della scena, simboleggiano una  sorta di attesa rinascita, auspicano un “risveglio della speranza” e sintetizzano il pensiero  dell’artista sul senso della vita: «Non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi». 

Mark Bertazzoli, 2020

 

 . 

La presidenza e la direzione artistica sono affidate a Mariella Genova Ronda. Il curatore del Museo è Mark Bertazzoli.

Informazioni pratiche: 

Vernissage: sabato 31 ottobre 2020, ore 17.00. 

Orario: sabato e domenica ore 15.00-19.30 

Biglietti: ingresso libero 

Autori: Gianni Depaoli 

Genere: Arte moderna e contemporanea, personale 

Catalogo: in galleria 

Curatori: Marco Bertazzoli

Opere in esposizione: 

Gianni Depaoli, Niagara Falls, 2018, tecnica Mista su fibra, pelle e inchiostro di cefalopode , resina, 70 x 70  cm.

Gianni Depaoli, Occhi, 2020, tecnica mista su fibra, pelle e inchiostro di calamaro, metacrilato, 45 x 45 cm.

Gianni Depaoli, Vita, 2020, tecnica mista su fibra, pelle e inchiostro di calamaro, schiuse di ovature,  metacrilato. 45 x 45 cm

Gianni Depaoli, Brandelli d’Italia, 2018, tecnica mista su fibra, pelle e inchiostro di cefalopode, resina, 45 X  74 cm. 

Gianni Depaoli, Freedom, 2015, tecnica mista su tela, pelle e inchiostro di calamaro , resina, 35 x 35 cm.

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