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In pensione il direttore della struttura Malattie Infettive
Dal trattamento di pazienti affetti da Aids all’introduzione di nuove indagini diagnostiche per l’individuazione delle patologie virali, l’infettivologo novarese ha trascorso quasi 24 anni all’Ospedale degli Infermi.
Da oggi, Massimo Andreoni, direttore della Struttura Malattie Infettive dell’ASL di Biella, è in pensione.
Dopo aver trascorso tredici anni (dal 1978 al 1991) all’Ospedale di Novara in qualità di assistente nel reparto di Malattie Infettive, nel dicembre del 1991 l’infettivologo di origini novaresi ha preso servizio come primario all’ASL di Biella. Il suo arrivo nel Biellese è praticamente coinciso con l’approvazione della Legge 135/90, che il Governo aveva varato per accelerare l’istituzione dei reparti di Malattie Infettive negli ospedali d’Italia, alla luce del numero allarmante di persone affette da HIV.
«Fino alla metà degli anni Novanta, l’AIDS conclamata era la patologia che portava al maggior numero di ricoveri nel nostro reparto di Malattie Infettive – ricorda Andreoni -. I pazienti erano spesso giovani e i farmaci a disposizione erano pochi. La percentuale di mortalità era elevata, anche perché queste persone arrivavano in ospedale quando la patologia era ormai in fase molto avanzata. Il 1997 fu un anno importantissimo, perché si poterono utilizzare nuovi farmaci e terapie salvavita e questo ci permise di stabilizzare la malattia con terapie orali che, a quel punto, venivano avviate nei nostri ambulatori e proseguite dal paziente al proprio domicilio. Il numero di casi è progressivamente calato negli anni successivi: se negli anni Novanta si registravano dai 20 ai 30 nuovi casi di AIDS conclamata ogni anno, negli ultimi ne abbiamo registrati 3-4 all’anno, salvo il 2015 in cui siamo arrivati ad una decina. Sono cambiati anche i soggetti coinvolti: in passato erano tossicodipendenti, oggi sono spesso uomini di mezza età che hanno adottato comportamenti a rischio, in particolare nella sfera sessuale».
Un altro capitolo importante della carriera professionale di Andreoni presso l’ASL di Biella riguarda la gestione di pazienti affetti da epatiti croniche virali. L’epatite virale acuta di tipo B ha rappresentato negli anni Settanta una delle principali cause di ricovero nei reparti di Malattie Infettive; a partire dal 1990, anno di introduzione del vaccino per l’epatite B, i casi si sono progressivamente ridotti e oggi la terapia è riservata esclusivamente per le forme croniche: «Diversa è la situazione per l’epatite C che ancora oggi rappresenta, nella sua forma cronica, un importante problema di Sanità pubblica, sia per la sua severità clinica sia per i costi elevati dei farmaci, farmaci che, tra l’altro, negli ultimi anni stanno dando notevoli benefici ai pazienti. Nei primi anni del 2000, presso il nostro reparto, sottoponevamo a terapia tra i 50 e i 60 nuovi pazienti ogni anno, utilizzando l’interferone, farmaco efficace ma molto difficile da tollerare da parte degli ammalati per i suoi numerosi effetti collaterali e che nel prossimo futuro non verrà più utilizzato. Con il passare del tempo, poi, il numero di ammalati si è progressivamente ridotto (nel 2008-2009 trattavamo circa dai 20 ai 30 nuovi casi all’anno), e oggi con l’arrivo dei nuovi farmaci, l’obiettivo a medio termine è quello di fare scomparire l’epatite C».
Per quanto riguarda la diagnostica delle malattie virali del fegato, l’elastografia epatica riveste un ruolo fondamentale e all’Ospedale degli Infermi è possibile effettuarla grazie al Fibroscan, apparecchiatura donata nel 2010 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella: «Impiegando questa apparecchiatura, che condividiamo con la Medicina Interna, si è ridotto il numero di biopsie al fegato -prosegue Andreoni-. La Struttura di Malattie Infettive dell’ASL BI è diventata così un polo d’attrazione per molti pazienti provenienti da fuori provincia in quanto non tutti gli ospedali dispongono del Fibroscan. L’elastografia epatica effettuata con questo strumento, associata ad altre indagini cliniche, permette di diagnosticare in tempi brevi e in modo non invasivo le malattie del fegato, consentendo allo specialista epatologo di individuare la terapia idonea».
Massimo Andreoni e i suoi collaboratori si sono dedicati a tutte le patologie infettive che necessitavano di ricovero o di trattamenti specifici: «Parliamo di polmoniti, setticemie, infezioni dei tessuti molli e del tessuto osseo, del cuore e di altre malattie -prosegue l’infettivologo-. Aggiungo che, come avviene in ogni ospedale, anche nel nostro è sempre stata indispensabile la collaborazione con altri reparti ospedalieri quali l’Ortopedia, la Chirurgia, la Rianimazione e la Terapia Intensiva per la gestione ed il trattamento delle infezioni ospedaliere che complessivamente siamo riusciti a risolvere brillantemente grazie anche al preziosissimo supporto dello staff del Comitato per le Infezioni Ospedaliere».
L’ultimo pensiero di Andreoni va alle persone: «Il mio pensiero va a tutti i colleghi con cui ho lavorato in ospedale e a tutto il personale che ha condiviso con me 24 anni di attività professionale. Una citazione speciale a chi nel reparto di Malattie Infettive continuerà a svolgere con grande professionalità ed umanità il proprio lavoro. Sono nato e vivo a Novara, ma Biella rappresenta per me una seconda casa che mai dimenticherò e che continuerò a frequentare proprio per ritrovare le persone con cui ho vissuto questi lunghi anni e con le quali si sono instaurati rapporti di autentica amicizia».
Angelo Penna, Direttore Sanitario dell’ASL di Biella, conclude: «La Struttura di Malattie Infettive del nostro ospedale è nata con il dottor Andreoni e con lui è cresciuta nel corso degli anni diventando un punto di riferimento importante per i biellesi e per chi vive fuori provincia. Il valore del suo operato è riconosciuto dall’Azienda Sanitaria ed anche dai cittadini che sono stati seguiti nel suo reparto e nei suoi ambulatori. Al dottor Andreoni, che oltre ad essere stato un collaboratore stretto della Direzione Sanitaria Aziendale e di Presidio per il controllo delle infezioni ospedaliere è stato anche un amico, va dunque tributato un ringraziamento per il suo prezioso contributo professionale ed umano».
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