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Ecco perchè De Andrè si rivolta nella tomba

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L’altro giorno, tornando dalle vacanze, sono andato a prendere un caffè con un mio caro amico. Dopo le solite chiacchiere di rito, mi interrompe e mi dice: “ma hai letto la storia della flautista?”. Io, che ero arrivato dall’estero da poche ore, lo guardo con fare interrogativo e chiedo delucidazioni. Lui, in estrema sintesi, mi parla di un fatto avvenuto in una piccola città di provincia, dove una ragazza da un paio di mesi è solita stazionare nella via dello struscio e suonare un flauto traverso per racimolare qualche soldo.
Una settimana fa un edicolante, che è prossimo al luogo dove sta la ragazza, scrive un cartello che recita “fate qualcosa per la musica e le orecchie dei commercianti: basta offerte alla flautista!”. La cosa viene postata sui social: nasce un caso che la stampa locale riprende e che si sviluppa anche sul profilo dell’edicolante, che attira una ridda di commenti. Il mio amico mi racconta di molti commentatori che – tra il serio e il faceto – sperculano la ragazza e dimostrano solidarietà all’edicolante anche per il pezzo sul giornale che, a loro parere, aveva solo la versione della ragazza. Il mio amico mi dice che, a un certo punto, è intervenuto anche il Sindaco della Città con un commento (non si sa quanto ironico) – rivolgendosi all’edicolante – gli scrive “sei pronto per una candidatura alle prossime amministrative”.
Io, lì per lì, non colgo il nesso e gli rispondo che, ultimamente, il livello di intolleranza di questo paese ha raggiunto livelli mai toccati prima e azzardo il colore politico del Sindaco: “Scommetto che stai parlando di qualche comune lombardo amministrato dalla Lega!”.

L’altro giorno, tornando dalle vacanze, sono andato a prendere un caffè con un mio caro amico. Dopo le solite chiacchiere di rito, mi interrompe e mi dice: “ma hai letto la storia della flautista?”. Io, che ero arrivato dall’estero da poche ore, lo guardo con fare interrogativo e chiedo delucidazioni. Lui, in estrema sintesi, mi parla di un fatto avvenuto in una piccola città di provincia, dove una ragazza da un paio di mesi è solita stazionare nella via dello struscio e suonare un flauto traverso per racimolare qualche soldo.
Una settimana fa un edicolante, che è prossimo al luogo dove sta la ragazza, scrive un cartello che recita “fate qualcosa per la musica e le orecchie dei commercianti: basta offerte alla flautista!”. La cosa viene postata sui social: nasce un caso che la stampa locale riprende e che si sviluppa anche sul profilo dell’edicolante, che attira una ridda di commenti. Il mio amico mi racconta di molti commentatori che – tra il serio e il faceto – sperculano la ragazza e dimostrano solidarietà all’edicolante anche per il pezzo sul giornale che, a loro parere, aveva solo la versione della ragazza. Il mio amico mi dice che, a un certo punto, è intervenuto anche il Sindaco della Città con un commento (non si sa quanto ironico) – rivolgendosi all’edicolante – gli scrive “sei pronto per una candidatura alle prossime amministrative”.
Io, lì per lì, non colgo il nesso e gli rispondo che, ultimamente, il livello di intolleranza di questo paese ha raggiunto livelli mai toccati prima e azzardo il colore politico del Sindaco: “Scommetto che stai parlando di qualche comune lombardo amministrato dalla Lega!”.

Lui abbassa gli occhiali e scoppia a ridere: “scemo! Guarda che è Biella!”.

In un attimo metto insieme tutte le tesserine del puzzle e do un volto e un nome alla flautista: è Elisa la mia ex compagna di Liceo. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, penso alla sua vita difficile, ai molti errori fatti e al tentativo, faticosissimo, con il quale sta cercando di uscire dal tunnel. Il mio amico mi fa leggere i like e i commenti tra lo sberleffo e l’intollerante nei confronti di Elisa; riconosco i nomi: consiglieri comunali, presidenti di enti, consulenti. Riconosco anche dei musici biellesi (ai quali si ascrive lo stesso edicolante) che, in questi anni di amministrazione Cavicchioli, hanno ricevuto denari pubblici (direttamente o indirettamente) per eventi o manifestazioni. Alla fine leggo anche il commento su De Andrè, riferito al fatto che Elisa – non essendo, a detta loro, una gran musicista – lo starebbe facendo “rivoltare nella tomba”. E così imparo una cosa nuova, una lezione di vita. Capisco che quei versi con i quali sono cresciuto, tra un “una canzone del Maggio” e una “via del campo”, quelli vicino a me le intonavano a squarcia gola, ma non ne riconoscevano la parola, non ne comprendevano il significato, e forse neppure sapevano che vita ai margini avesse condotto Faber.

Ho ripensato a lui, ho pensato a Elisa. Ho deciso di scrivere questo pezzo per ricordare a questi “sensibili democratici” che quella “città di sotto” – che va bene solo quando non disturba la loro città di sopra – continuerà invece a “venire alle vostre porte e gridare ancora più forte”.
E spero, in cuor mio, che un giorno si vergogneranno per tutto questo.
Roberto Pietrobon

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