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Da Biella se ne vanno anche gli extracomunitari

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I tempi “dei Rivetti”, come si diceva a Biella, sono inesorabilmente tramontati. Già abbiamo detto del senso di tremendo squallore che coglie tutti coloro che percorrono le strade del Biellese nel verificare quanti capannoni sono drammaticamente vuoti.

Da tempo andiamo inutilmente chiedendo alle autorità, agli enti, alle associazioni di categoria, ai partiti politici, agli istituti di credito di concordare un incontro che abbiamo definito, in modo volutamente ampolloso, “Stati Generali del Biellese”. L’obiettivo è quello di accantonare l’opposta insulsa retorica secondo la quale il nostro territorio sarebbe sempre ai vertici del prestigio, della produttività, del benessere individuale e collettivo.

I tempi “dei Rivetti”, come si diceva a Biella, sono inesorabilmente tramontati. Già abbiamo detto del senso di tremendo squallore che coglie tutti coloro che percorrono le strade del Biellese nel verificare quanti capannoni sono drammaticamente vuoti. Eppure i politici tacciono, le organizzazioni di categoria intonano irresponsabilmente il vecchio canto cretino “Tutto va ben, madama la marchesa”, mentre, come ci è già accaduto di sottolineare, persino molti extra-comunitari hanno lasciato e continuano a lasciare le nostre vallate per fare ritorno nei loro Paesi d’origine, a conferma del fatto che la ricchezza ha abbandonato il nostro territorio.

Invero, proprio la rozza insensibilità che impedisce l’organizzazione degli “Stati Generali del Biellese” è causa, non certamente unica, ma altrettanto certamente rilevante ed importante, della lenta ma irrefrenabile crisi della nostra organizzazione territoriale mono-industriale. Del resto diciamo una verità impietosa: viviamo in una terra che, dopo anni, e dopo avere speso 100.000,00 euro per un concorso di idee, incredibilmente non ha ancora deciso se e come utilizzare il vecchio e glorioso Ospedale degli Infermi (destinato, forse, alla occupazione da parte di extra-comunitari, ospitati o abusivi); viviamo in una terra che non ha ancora concluso i lavori della Cossato-Vallemosso-Trivero, e, in ogni caso, quando li avrà conclusi (se mai li concluderà) non serviranno a nulla perché, purtroppo, non è più “la Trivero degli Zegna” con l’effetto di trascinamento che derivava da quella grande (ancor oggi) impresa.

Dobbiamo riflettere auto criticamente sulla circostanza che noi tutti viviamo in una terra che è riuscita a non ricevere un solo turista o visitatore, malgrado i 10 milioni di persone che hanno visitato Expo 2015 a meno di 100 chilometri di distanza, raggiungendo un autentico ed imbattibile record in tutta l’Italia settentrionale e centrale. E fin qui non intendiamo, generosamente, rivolgere accuse ad alcuno: non serve, come si suol dire, piangere sul latte versato, anche se, forse, molti personaggi dovrebbero sentire la necessità di farsi da parte, attesa l’assoluta inutilità delle responsabilità che grava sulle loro spalle.

Quel che sconcerta è la fuga della realtà, che si concretizza nel rifiuto di sedersi con umiltà e con volontà costruttiva e con impegno intellettuale intorno ad un tavolo e di ragionare congiuntamente per cercare di comprendere quale cura debba essere riservata al nostro capoluogo ed a tutta la Provincia per risalire la china che stiamo ormai da troppi anni inesorabilmente scendendo. Torniamo dunque a rivolgere questa richiesta, quali cittadini profondamente innamorati della nostra terra e testardamente convinti della possibilità, per la nostra gente, di restituire prestigio, benessere e ricchezza a Biella ed all’intero Biellese. Forza, dunque, diamoci da fare tutti insieme!

Sandro Delmastro delle Vedove

Giancarlo Tacca

Attilio Orcelletto

Sergio Scassa

(Gruppo “Libertà per il Biellese”)

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