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Ho visto la Befana
L’ho vista. E’ davanti a me al supermercato sui giardini. Cammina trascinando i piedi, lentamente, fra gente che va di fretta. Lei no. La fretta è per chi sa dove andare, per chi ha un sorriso da fare a qualcuno, da qualche parte.
«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con le toppe alla sottana
Viva, Viva La Befana!»
L’ho vista. E’ davanti a me al supermercato sui giardini. Cammina trascinando i piedi, lentamente, fra gente che va di fretta. Lei no. La fretta è per chi sa dove andare, per chi ha un sorriso da fare a qualcuno, da qualche parte. Lei no, non ha più sorrisi ma una smorfia cementata di sofferenza. Vecchia, grassa, le anche deformate dall’artrosi, ogni passo un castigo dolente. Ha i capelli grigi, sporchi, raccolti in piccole matasse inestricabili che da tempo non conoscono spazzola. Indossa una pesante giacca di lana, di un colore indefinibile, con alcune macchie sul davanti. Una gonna informe copre una sottoveste che le fa anche da camicia da notte e che forse non toglie mai.
Ai piedi due calze da uomo e un paio di pantofole scalcagnate e bucate. Nessuno si accorge di lei anche se, incrociandola, allarga il giro. La seguo alla cassa dove deposita due pomodori, una scatola di formaggini e una mela, che paga con spiccioli estratti da uno sgualcito borsellino, contati con lentezza e trepidazione nel timore che non bastino. La cassiera sbuffa, la coda impreca ma nessuno si accorge di lei, neppure il ragazzo che la urta con furia nell’uscire senza spesa. La seguo, la raggiungo, le parlo mentre si avvia alla fermata dell’autobus a qualche decina di metri dove nessuno si accorge di lei, non i ragazzi che ridono forte, non la coppia di innamorati persi gli occhi negli occhi, non la giovane mamma che rimbocca le coperte nella carrozzina, non le due suorine scaraventate qui da chissà quale esotico altrove.
Abita in periferia, da sola, in un appartamento di due stanze dove ha vissuto con la madre; non paga l’affitto da mesi perchè la pensione sociale basta a stento per l’unico pasto quotidiano e le medicine per sopravvivere: tra un giorno, o dieci, o venti qualcuno verrà a cacciarla e non saprà dove andare. Non piange, non ne ha la forza, e nemmeno si lamenta: è il ritratto della disperazione, le spalle piegate, la testa bassa da cui le ciocche sporche pendono come foglie morte. Ma nessuno si accorge di lei.
In questa Epifania che tutte le speranze si porta via.
giulianoramella@tiscali.it
La rubrica di Giuliano Ramella viene pubblicata ogni sabato sulla Nuova Provincia di Biella
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