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I pali? Che palle!

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Scrivo da un fronte di guerra, quella ingaggiata da un gruppo di bravi medici contro una parte del mio corpo divenuto nemico mortale di sé stesso. 

Scrivo da un fronte di guerra, quella ingaggiata da un gruppo di bravi medici contro una parte del mio corpo divenuto nemico mortale di sé stesso. Dal limbo di me, oltre ad osservare le parti in campo che se (e me) le danno, osservo il nostro piccolo mondo antico che va avanti con i ritmi di sempre, come un film visto e rivisto di cui cambiano gli interpreti, i costumi, ma il plot narrativo resta tale e quale. Le storie che più pervasivamente nei giorni scorsi hanno occupato i giornali e la rete sono state tre. Una tragica, sconvolgente: la morte a Vigliano dell’anziano a cui due truffatori hanno rubato i risparmi e spaccato il cuore. Una semiseria: la batracomiomachia fra i topi di Ponderano e le rane degli altri Comuni biellesi per la gratuità o meno dei parcheggi del nuovo ospedale e su chi debba riscuotere il (giusto?) guiderdone.

Una infine, sarà il periodo, saranno i personaggi e interpreti, una spettacolare carnevalata: i pali di piazza Duomo divenuti epitome della discussa operazione di rifacimento della piazza e simbolo dell’insanabile dicotomia tra la Bellezza e i Biellesi. Pontefice massimo di questa messa cantata (e disegnata, e taroccata) è stato ed è Omar Ronda, artista poliedrico e personaggio vulcanico a cui Biella e i Biellesi devono molto. Anche stavolta ha avuto la giusta intuizione in un pomeriggio di Natale con un clima primaverile: la piazza è brutta, i pali dell’illuminazione orrendi, lettera aperta al sindaco che fermi almeno, e modifichi, la palificazione. Ovazioni: plauditores e tricoteuses pronti alla pugna, si raccolgano le firme, “La bellezza non svanirà” (A.J.Cronin), e chi non firma con me peste lo colga.

Situazione perfetta anche se un po’ sopra le righe, ma l’attendismo sornione del sindaco (“aspettiamo il lavoro finito, le modifiche non si possono fare”) diffonde un sinistro profumo democristiano. Potrebbe chiudersi qui, e invece il temperamento dadaista e patafisico di Ronda lo induce a produrre una serie di varianti sul tema: divertenti, geniali ma forse poco consone alla necessità di restare sul pezzo, per sperare di ottenere qualcosa. Finisce così in carnevalata un’iniziativa che avrebbe potuto mettere alle strette chi fa che cosa e perché. Peccato.

 

giulianoramella@tiscali.it

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