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Politica

Il nuovo Pd targato Furia riparte dalla questione Coca Cola

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“Colpisce l’indisponibilità di una multinazionale sana e forte a mantenere i livelli di produzione e occupazione. Le istituzioni si devono mobilitare”.

Se il buon giorno si vede dal mattino, il nuovo corso del Pd biellese guidato da Paolo Furia sembra essere iniziato col piede giusto.

Mentre i palazzi della politica locale si interrogano su problemi come i bagni d'oro, la prima questione affrontata dalla neoeletta assemblea provinciale del Pd è stata la chiusura della Coca Cola.

"Desta preoccupazione ed allarme – scrivono in un comunicato – la conferma della notizia che la Coca Cola intende chiudere lo stabilimento di Gaglianico a fine febbraio. Nell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi tra i vertici dell’azienda e  i sindacati locali, infatti, la scadenza entro la quale dovrebbe verificarsi la messa in mobilità dei 90 addetti dello stabilimento è stata fissata al 28 febbraio. L’azienda considera la propria decisione irrevocabile. Questo è l’ultimo capitolo di una storia cominciata l’anno scorso, quando la logistica è stata terziarizzata e sono state chiuse due linee di produzione, con il conseguente licenziamento di 50 addetti. Ora arriva l’ “irrevocabile decisione” della chiusura, e questo sebbene l’azienda abbia goduto, in questi anni, di condizioni di favore garantite dal territorio e del Comune interessato, come i costi dell’acqua decisamente ridotti e i cambiamenti ripetuti del piano regolatore".

Il Partito democratico, poi, analizza le ragioni alla base dell'addio della multinazionale.

"Molti stabilimenti della Coca Cola – continua il comunicato – in questi anni sono stati chiusi nel nostro Paese. Non si è mai trattato, e non si tratta nemmeno ora, di una decisione obbligata dai conti, ma di una strategia orientata alla massimizzazione del profitto: vero che c’è stato un calo delle vendite di Coca Cola in Italia, ma non si tratta di un calo che giustifichi, da solo, la chiusura dello stabilimento. Sul nostro territorio stiamo perdendo lavoro ed occupazione. Sono 20.000 oggi gli iscritti al centro per l’impiego di Biella. Ogni settimana vi sono notizie che riguardano fabbriche, imprese artigiane o commerciali che vanno in fallimento e cessano la produzione nel Biellese. In una situazione simile, colpisce l’indisponibilità di un’azienda multinazionale sana e forte a ragionare per mantenere livelli di produzione ed occupazione nello stabilimento biellese. Il territorio subisce una scelta pesante in termini di patrimonio produttivo e simbolico, oltre che di ricadute sociali ed occupazionali: nessuno deve abbassare la guardia e le istituzioni si devono mobilitare".

Quindi la necessità di un maggiore impegno della politica: "E' necessario che la politica costruisca un modello di relazioni industriali con le multinazionali più efficace, che coinvolga i diversi livelli istituzionali (dagli enti locali fino al Governo, se necessario) e che garantisca da un lato maggiore attrattività per le imprese, burocrazia più snella e politiche fiscali di favore, ma dall’altro che imponga vincoli precisi ed esigibili per quanto riguarda i livelli occupazionali e produttivi. In secondo luogo, è necessario garantire la continuità produttiva ed occupazionale. Se la Coca Cola non fosse disponibile a ripensare alla sua strategia industriale, dev’essere garantito il massimo impegno per la ricerca di altri attori che vogliano rilevarlo, mantenendo condizioni di favore per l’investimento sul territorio. C’è da aspettarsi che la Coca Cola voglia perlomeno favorire l’eventualità del rilevamento dello stabilimento da parte di terzi, senza imporre oneri e costi che potrebbero complicare il processo".

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