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Biella

Quell’incontro segreto sulla sanità pubblica

“Pausa Caffè”, la rubrica settimanale curata sulle pagine del nostro giornale da Giorgio Pezzana

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Leggo in questi giorni e rileggo incredulo: 140 accessi quotidiani al Pronto Soccorso dell’ospedale di Biella. Ora, con il caldo torrido aumenteranno i malori e quindi gli accessi, ma facciamo finta che gli ingressi siano stabilmente 140 al giorno, cioè oltre 50mila all’anno. E’ come se in un anno, un capoluogo come Biella con un paio di paesi del circondario, finisse tutto al Pronto Soccorso.

Tenuto conto che il Pronto Soccorso è un presidio che dovrebbe essere riservato alle emergenze, mi pare davvero troppo. Se poi consideriamo che almeno il 70 per cento degli accessi ha codici bianchi o verdi, cioè privi dei presupposti dell’urgenza, qualche domanda dovremmo porcela quando sentiamo parlare di sanità pubblica in affanno.

Sia chiaro, la sanità pubblica è in affanno, lo è da anni e grava anche il sospetto di molti che ritengono che si tratti di un percorso studiato ad arte per favorire lo sviluppo parallelo della sanità privata, spesso ormai piuttosto concorrenziale, visto che il costo di diverse prestazioni non si discosta troppo dai ticket applicati dalle Asl, con la differenza che nelle strutture private i tempi di attesa si riducono drasticamente.

In un contesto simile, mi piace ricordare come, forse nel 2010, quando scrivevo per un’altra testata, mi ritrovai ad assistere ad un incontro riservatissimo, a Biella, tra il sindaco e l’allora assessore regionale alla sanità, di cui non ricordo il nome tanto fu breve il suo mandato, ma ricordo benissimo che si trattava di un ex amministratore dell’Iveco. Uomo ruvido ma cordiale, appena seppe che ero un giornalista mi invitò ad andarmene, ma poi arrivammo ad un compromesso: avrei potuto assistere, a patto di non scrivere una parola di quanto avrei sentito.

L’assessore raggiunse un tavolo intorno al quale non eravamo più di cinque o sei persone, aprì una cartella, estrasse dei fogli e con tono grave disse: “…di questo passo, per la sanità pubblica rimangono pochi anni di vita…”. Lesse alcune cifre, mettendo in campo non tanto conoscenze mediche, ma la sua provata esperienza di amministratore aziendale, non fuori luogo visto che le Asl sono Aziende Sanitarie Locali. E fece alcuni esempi di come sarebbe stato possibile risparmiare somme significative. “Le forniture ospedaliere” disse “impegnano ogni anno cifre ingenti. Nonostante ciò, ogni direttore generale continua ad avvalersi dei propri fornitori, che sono quindi dispersi sulle varie Asl. Se, almeno a livello regionale, si riuscisse ad avere fornitori unici per tutti i presidi ospedalieri, si potrebbero spuntare condizioni assai più vantaggiose, con un risparmio di svariati milioni di euro”.

Mi colpì molto quella che nei fatti dovrebbe essere una banalità, ma da allora ha trovato una concreta attuazione? Parlò anche di abusi dei presidi di emergenza, ma da allora è stato fatto qualcosa per contenerli? O continuano ad esserci persone che per non fare la fila negli ambulatori dei medici di base si recano direttamente al Pronto Soccorso? La sanità pubblica è uno strumento fragile, sempre più minacciato da un sistema privato aggressivo e organizzato. Ma lo Stato da solo non può salvaguardare quello che per un breve periodo fu un gioiello tutto italiano. Occorrono la partecipazione e la consapevolezza di tutti. E certo non i 140 accessi al giorno al Pronto Soccorso dell’ospedale di Biella.

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2 Commenti

1 Commento

  1. Pier Giovanni Malanotte

    1 Agosto 2024 at 11:37

    historia NON est magistra vitae

  2. luigi

    1 Agosto 2024 at 22:55

    E la legge italiana che blocca la sanità, gli accessi urgenti verdi vanno rispediti a casa, i medici di base debbono fare il loro lavoro, cosa poco chiara oggi, non vogliono più tre le visite domiciliari, ricevono su appuntamento, indifferentemente dalle condizioni descritte dall’ammalato, la guardia medica , non conoscendo l’ammaliato preferisce mandarlo al pronto soccorso, tutto questo intasa il PRONTO SOCORSO. Ma guai a rispedire a casa qualche presunto ammalato, si piene penalmente perseguito.

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