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Biella

Lei non sa chi sono io: Cipriano Villani

La rubrica con cui Edoardo Tagliani racconta i titolari delle vie cittadine

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rubrica tagliani

Eclettico lo fu di certo.

Lui e i suoi fratelli. In tutto, erano probabilmente cinque. Quattro certificati dalle cronache del “Blasonario Biellese” a firma Borrello e Zucchi: Giovanni Filippo Clemente, Pietro Gioacchino, Giuseppe Francesco e colui di qui si parla, Cipriano Lodovico. Ma da successivi carteggi privati, si evince l’esistenza di un quinto fratello che, guarda caso, si chiamava Quinto.

Cominciamo con due cose. La prima: i fratelli Villani costruirono un teatro. In via Italia, angolo via San Filippo, la cui facciata è tuttora meravigliosa benché martoriata dal tempo. La seconda: il Roccavilla, storico preside del Classico e direttore della Biblioteca (allora Regia), narra: “Era un tiro birbone che quegli aristocratici volevano fare al Glauda? È probabile (…)”. Il Glauda era un commissario di polizia e, al contempo, proprietario di un teatro privato in città.

Fatto sta che i Villani decisero di regalare un palco alla moderna Bugella, apponendo all’ingresso una scritta in latino: “Costruirono i Cavalieri Villani, 1826 – Alla vereconda civica allegrezza”.

Morirono gli altri tre fratelli (quattro, se consideriamo Quinto) e restò solo lui, Cipriano. Ben conscio dell’imminente fine della sua casata, predispose il grande lascito. Un documento notarile da far apparire il manzoniano Azzecca-garbugli un dilettante del foro.

Il Villani, che sarebbe morto nel 1846, lasciò tutto all’Ospizio di Carità, teatro compreso. Aggiunse però una serie di regole ferree da rispettare per la cura dell’ente artistico.

Facciamola breve: tra testamenti, cavilli, “probabili birbonate” e decenni passati a capire come gestire le complicatissime cose, dopo la chiusura “forzata” del teatro originale, si costruì finalmente il “Sociale Villani”, ancora oggi casa accogliente di palchi, barcacce, tralicci e sipari per tutti i biellesi che adorano sognare tra piccionaia e platea.

Ultima nota di colore: un busto di Cipriano Villani fu fatto scolpire, in memoria, dall’Ospizio di Carità, ma solo dopo lunghe trattative. Ci misero molto per stabilire chi fosse lo scultore migliore al prezzo migliore. Vinse la pugna Vittorio Bertone di Santhià, che realizzò l’opera per 425 lire, marmo compreso.

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