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Biella

Lei non sa chi sono io: Carlo Felice Trossi

La rubrica con cui Edoardo Tagliani racconta i titolari delle vie cittadine

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rubrica tagliani

A naso, sarebbe piuttosto arrabbiato, oggi. Per l’intitolazione di quella strada, proprio quella, proprio a lui, che dedicò la sua vita alla velocità.

Il Conte Carlo Felice Trossi di Pian Villar, nacque rampollo di ottima famiglia: il padre, Felice, illuminato imprenditore biellese e la madre, Clementina “Tina” Sella, figlia del celeberrimo Vittorio Sella.

Fin da giovanissimo si innamorò di qualsiasi cosa si muovesse veloce: aerei, motoscafi e, soprattutto, automobili. Ancora oggi viene spesso classificato come “pilota gentiluomo”, una categoria diffusa agli albori dell’automobilismo. Ma era differente, il Trossi. Gli altri avevano tanti soldi per baloccarsi coi bolidi dell’epoca, però erano schiappe. Lui, invece, aveva tanto denaro quanto gli altri, vero, ma correva come un diavolo. Era dannatamente bravo.

Vinse al volante di Mercedes, Alfa e poi Ferrari, mettendosi in tasca un palmares di tutto rispetto. Nel 1934, sul “Primo circuito automobilistico di Biella”, fregò pure il giro veloce a Varzi e Farina, tagliando per primo il traguardo in un testa a testa divenuto leggenda. Amico di Enzo, della scuderia del Cavallino divenne persino presidente.

Nel mentre, forse non contento della velocità su ruote, volava. E navigava. Tanto che in tempo di guerra, dopo aver partecipato a competizioni civili in terra di Libia (“Raduno Sahariano”, gara organizzata niente meno che dal Maresciallo dell’Aria Italo Balbo), pilotò aerosiluranti sul Mediterraneo. Alla fine del conflitto costruì, nel suo cantiere navale di Chiavari, il motoscafo “Parigina IV”, che riscosse ottimo successo per le sue incredibili prestazioni motoristiche.

A un certo punto, fuse anche le sue passioni progettando un avveniristico prototipo a lui dedicato, la “Monaco Trossi”, ancora esposta al museo Ferrari: sul muso montava un motore radiale (a stella) da 16 cilindri. Quelli che normalmente fan girare le eliche degli aerei. Non andò benissimo, come esperimento. L’auto risultò inguidabile per l’eccessiva, incontrollabile potenza. Ma resta ancora oggi una meraviglia visionaria.

Morì ancore giovane, di cancro. Era Milano, era maggio, era il 1949.

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