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Lei non sa chi sono io: Agostino De Fango

La rubrica con cui Edoardo Tagliani racconta i titolari delle vie cittadine

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rubrica tagliani

Erano date incerte. Tra il 1425 e il 1430. Non che i registri anagrafici dell’epoca, specie in provincia, fossero poi così precisi.

Durante quel lustro, comunque, alle falde del Mucrone nacque Agostino de Fango (anche detto Agostino Fangis o Agostino da Biella), che venne inviato in un convento di Pavia, come lui stesso scrive, “Ancora giovinetto”. Correva l’anno 1447.

Il convento era un convento dell’Ordine dei Frati Predicatori, oggi decisamente più noti come Domenicani, e non era la sua “prima volta”: a Pavia venne trasferito dal convento Domenicano di Biella da poco costruito (1432), dove, così dicono le cronache agiografiche, “Fu colpito da una malattia che coprì di piaghe tutto il suo corpo, già esausto dalle penitenze”.

Non si fermano lì, le cronache di cui sopra: “Niente valeva a distrarlo dall’interno raccoglimento; neppure i più acuti dolori (…). Quando il chirurgo gli praticò nella viva carne profonde incisioni, era talmente insensibile a tutto ciò, che se ne meravigliò lo stesso dottore. Svolse per tutta la vita, nel segreto del confessionale, il più prezioso ministero, e fu questa la sua predicazione (…). Visitava assiduamente i malati, portando la sua illuminata parola e la sua inesauribile carità. Ebbe il dono dei miracoli, e mentre era Priore a Soncino, restituì la vita a un bimbo morto senza il battesimo. Ebbe anche grande potestà sui demoni”.

Fu per questo che il 5 settembre del 1872, quasi quattro secoli dopo la sua morte avvenuta a Venezia nel 1493, Pio IX decise per la sua beatificazione.

Le sue reliquie vennero conservate, nel tempo, in diversi siti religiosi: nel 1502, il convento di Soncino (del quale Agostino fu priore) ottenne da Venezia il dito indice della mano destra; nel 1610 fu la volta della chiesa di San Domenico di Biella, che ricevette dalla Laguna le ossa del braccio sinistro.

Fino a quando, nel 1973, vennero definitivamente trasferite nella parrocchia di San Giacomo, al Piazzo. Chi trasportò, da sotto lo sguardo fiero del Leone di San Marco sino all’ombra delle valli biellesi, l’urna coi resti del corpo del Beato?

Un personaggio che nei dintorni di piazza Cisterna si ricorderanno in molti: don Albino Pizzato.

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