BiellaIl Dardo
Mensa scolastica: un servizio, non un diritto incondizionato
La nuova versione de “Il Dardo”, la rubrica di Guido Dellarovere
Mense gratuite per tutti?
La questione torna ciclicamente al centro del dibattito, ma è bene ribadire un principio basilare: in Italia, i servizi a domanda individuale – come la mensa scolastica – sono soggetti a contribuzione da parte dei cittadini, proporzionata al reddito. È così da sempre, anche a Biella. E dovrebbe essere considerata la normalità.
Nel Comune di Biella, la maggior parte delle famiglie onora regolarmente il pagamento del servizio mensa. Allo stesso tempo, esistono fasce sociali più fragili per le quali sono previste agevolazioni, fino alla totale gratuità in casi seguiti dai servizi sociali. Nonostante questo sistema equo, emerge oggi un dato preoccupante: circa 80.000 euro di quote mensa risultano non versate.
Di fronte a questa situazione, l’assessore all’Istruzione, Livia Caldesi, ha inviato una comunicazione alle scuole: chi non è in regola con i pagamenti non potrà più usufruire del servizio. Un messaggio chiaro, sobrio, che invita le famiglie morose a regolarizzare la propria posizione oppure a gestire diversamente il pranzo dei figli, portandoli a casa.
Una scelta logica, che dovrebbe apparire persino ovvia: chi usufruisce di un servizio deve contribuire al suo costo, salvo comprovate difficoltà economiche. Eppure, alcune sigle sindacali hanno colto l’occasione per sollevare critiche e attaccare la giunta guidata dal Sindaco Marzio Olivero, accusandola di insensibilità nei confronti delle difficoltà sociali del territorio.
Ma proviamo a ribaltare la prospettiva: è davvero ingiusto chiedere il pagamento di un servizio che ha un costo per la collettività? È corretto che il peso delle morosità ricada su chi invece paga con puntualità, magari rinunciando a spese superflue pur di rispettare i propri impegni?
Va inoltre sottolineato che il pagamento della mensa è già calcolato in base all’ISEE, con un sistema di fasce che tiene conto delle possibilità economiche delle famiglie. Chi ha difficoltà può rivolgersi ai servizi sociali, i quali – se accertata la reale necessità – intervengono. In questo quadro, la polemica appare strumentale.
C’è poi un’altra riflessione da fare: se davvero la mensa è considerata parte integrante del progetto educativo, allora va trattata come tale, al pari dei libri di testo o delle attività scolastiche. E in questo senso, anche le scuole possono – come dichiarato – impiegare fondi pubblici per sostenere le famiglie in difficoltà, includendo eventualmente anche la copertura delle quote mensa.
Quanto all’accusa, circolata in alcune dichiarazioni, secondo cui le insegnanti sarebbero “arruolate” come controllori dei pagamenti, si tratta di una forzatura: l’assessore Caldesi ha semplicemente chiesto di tenere aperto un canale di dialogo con le famiglie, come già avviene su altre tematiche scolastiche. Nessuna “caccia al moroso”, ma solo il rispetto di una regola valida per tutti: chi non paga e non ha diritto ad agevolazioni, non accede al servizio.
In conclusione, si assiste all’ennesimo tentativo di trasformare una decisione di buon senso in un caso politico, agitando lo spettro della povertà per giustificare comportamenti che nulla hanno a che vedere con il disagio sociale. Dispiace che si tenti di strumentalizzare i bambini per attaccare l’amministrazione, cercando di dipingere come “cattivo” chi semplicemente fa rispettare le regole.
Un plauso quindi all’assessore Caldesi, che ha il coraggio di ribadire un principio semplice ma spesso dimenticato: la solidarietà è un valore, ma non può trasformarsi in tolleranza verso l’ingiustizia. Il rispetto verso chi paga – anche con sacrificio – merita altrettanta tutela quanto quello verso chi è in difficoltà.
Il buon senso, a volte, è rivoluzionario.
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Ardmando
15 Settembre 2025 at 17:53
Mi unisco, come già ho espresso, alla solidarietà per l’assessore Caldesi. Ogni mezzo è lecito per fare rispettare le regole e per aiutare il comune a recuperare quanto devono i genitori che non pagano. Piacerebbe a tutti mangiare gratis, ma il mondo delle fiabe non esiste.
Arnoldo
15 Settembre 2025 at 21:04
non spetta agli insegnanti cercare i morosi, quanti sono quelli che non pagano neanche l assicurazione della macchina ,e quanti sono i benestanti biellesi che fanno riparazioni alla macchina con suv enormi che non pagano il meccanico ,come vedete il problema in tutti i campi è enorme
Giovanni
15 Settembre 2025 at 21:42
Perfetto, comparatore attuale, ma sono gli insegnanti o preposti, che devono dire agli alunni che non possono accedere alla mensa, questo deve avvenire su informazioni del”comune”, quale è a conoscenza dei morosi. Se la Sig. Che replica pensa che tutto è dovuto, perché anche noi non accediamo alla mensa.
Emerson
16 Settembre 2025 at 0:57
che il comune si rivolga ai recupero crediti , poi vedrà come i morosi pagano……..provare per credere…..
Ardmando
16 Settembre 2025 at 8:01
Spetta eccome agli insegnati fare da tramite, sono loro (o dovrebbero essere loro) il collegamento tra studenti e famiglie e il comune non ha detto che gli insegnanti devono incaricarsi di riscuotere il denaro, ma di veicolare i messaggi, perchè loro o comunque la scuola, sono sicuramente più vicini alle famiglie morose di quanto non lo sia il comune, per quanto riguarda le mense. E smettiamola con questo qualunquismo gretto e falso, specie quello dei benestanti che non pagano: se hai dati alla mano, dati verificabili e certificati, vediamoli. Altrimenti l’unico problema enorme qui è la stupidità di certi commenti.
Emerson
16 Settembre 2025 at 10:55
sicuramente, quelli che non pagano, saranno i soliti del “ceto medio”, che sono appena tornati dalle ferie pagandola con un finanziamento dalla Findomestic, che hanno gli smartphon nuovi pagati a rate, che hanno auto di grossa cilindrata con bolli da pagare arretrati, e se abitano in appartamento in qualche condominio, saranno pure indietro con il pagamento delle spese condominiali………