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Contestare a priori? A Biella è la vera industria locale

La nuova versione de “Il Dardo”, la rubrica di Guido Dellarovere

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A Biella, appena spunta una buona notizia, c’è sempre qualcuno pronto a spegnere la luce, staccare l’interruttore e denunciare che la lampadina non funziona. È tradizione. Folklore. Identità territoriale.

L’ultima occasione per esercitare questo sport cittadino è l’accordo – finalmente nero su bianco – per trasformare il vecchio Ospedale degli Infermi nella scuola per la Polizia Penitenziaria. Settantamilioni di euro, un progetto strutturato, un sito degradato che rinasce. Fin qui, un trionfo.
E infatti a Biella è partita subito la sirena d’allarme: “Attenzione: c’è qualcuno che sta facendo qualcosa!”

La sinistra locale, fedele alla liturgia del “No preventivo”, ha subito spiegato che quei soldi si potevano spendere meglio. Su cosa, nessuno lo sa. Ma si sa che il “meglio” è sempre dietro l’angolo. Un angolo da dieci anni mai girato.

Già, perché il vecchio ospedale è stato abbandonato nel 2014. E in quell’epoca d’oro per la sinistra – Regione, Governo, Provincia e Comune tutti dello stesso colore, un’allineamento politico che manco Giove e Saturno durante l’eclissi – nessuno ha fatto nulla. Nemmeno una mano di vernice, una toppa, una parvenza di progetto. Zero. Anzi: l’unica cosa cresciuta in quella zona è stata la ruggine. E forse qualche colonia di fauna spontanea.

Oggi però gli eredi di quella stagione si sono ricordati all’improvviso che quell’area avrebbe potuto ospitare servizi, progetti, sogni, visioni… Insomma, tutto quello che non hanno mai realizzato. È il bello della politica: le idee migliori arrivano sempre quando non si ha più la responsabilità di attuarle.
Che poi l’arrivo di 700 allievi genererà indotto? Dettagli. A Biella l’indotto non fa notizia: fa paura. Perché implica movimento. Gente. Economia. E la città, diciamolo, preferisce l’immobilismo: così non si sbaglia mai.

Adesso si apre la fase progettuale. E tutti, col fiato sospeso, sperano che non si ripeta la tragicommedia del ponte di Pollone: mesi di lavori, conferenze, carte e poi – sorpresa! – la Sovrintendenza non era stata considerata. Un capolavoro di leggerezza amministrativa che meriterebbe una targa commemorativa.

Il vecchio ospedale, nel frattempo, si prepara alla metamorfosi. Addio vetri rotti, corridoi vandalizzati e occupazioni abusive. Peccato: per anni è stato un punto di riferimento involontario per chiunque volesse girare un film post-apocalittico senza investire in scenografie.

E poi c’è Delmastro. Lo si ami o no, ha questa strana mania: promette e poi fa. La Pedemontana lo dimostra. Il recupero dell’ospedale anche. Una tendenza così pericolosa da mettere in difficoltà intere generazioni di politici abituati a “tavoli di concertazione”, “summit” e “incontri programmatici” che producono l’unico risultato di riempire le pagine dei giornali senza muovere una pietra.

Restano le ferrovie, certo. Ma se arrivasse una soluzione pure lì, la città rischierebbe un collasso emotivo: troppi risultati tutti insieme. A Biella non siamo abituati a tanta operatività. Potrebbe far male.

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