BiellaIl Dardo
Alle sorgenti del Po, con bandiera e contraddizioni
La nuova versione de “Il Dardo”, la rubrica di Guido Dellarovere
Come da tradizione – ormai più folcloristica che politica – anche quest’anno il primo sabato di settembre si è celebrato il pellegrinaggio padano al Pian del Re. Un rito che risale ai gloriosi anni ’90, quando il Senatur Bossi scoprì che la sorgente del Po poteva diventare la Betlemme della secessione del Nord.
All’epoca, bastava indossare una camicia verde, impugnare una bandiera con il Sole delle Alpi e gridare “Roma ladrona” per sentirsi rivoluzionari. Oggi, di quella fiammata ideologica è rimasta giusto qualche braciola, portata avanti da reduci nostalgici e qualche selfie tattico alle fonti del fiume sacro, magari con il tricolore sullo sfondo – giusto per non sembrare troppo estremisti agli occhi dell’algoritmo.
Già, il tricolore. Un tempo simbolo del nemico, oggi sfondo per Instagram. A coprirlo – letteralmente – ci hanno provato solo i leghisti biellesi, che prima dello scatto l’hanno occultato con una pietra. Un gesto goffo e infantile, ma coerente con una narrazione che si regge ancora sul mito della Padania “non italiana”.
Peccato che nel frattempo la Lega sia diventata tutto fuorché padana: ha perso il Nord, ha abbracciato il sovranismo nazionale e ha pure nominato vicesegretario un generale (Vannacci) che della Padania probabilmente non conosce nemmeno l’esatta posizione geografica. Figuriamoci le camicie verdi che al limite potrebbe confonderle con quelle dei Ranger del parco di Yellowstone.
E mentre ai piedi del Monviso va in scena la sfilata dei duri e puri, a Roma gli stessi che inneggiavano all’indipendenza continuano ad occupare poltrone in Parlamento, in Regione, in Provincia, nei consigli d’amministrazione delle partecipate. A stipendio pieno, ovviamente. Altro che “lega” bossiani: qui si incassa in euro sonanti, con la benedizione dello Stato che si diceva “ladro”.
Non è coerenza, è marketing nostalgico. E se dev’essere folklore, allora almeno diciamolo chiaramente. Come le rievocazioni napoleoniche, o le feste medievali nei paesi di provincia: costumi, bandiere, simboli antichi, ma tutti perfettamente integrati nel presente.
Il problema nasce quando questo folclore si spaccia ancora per linea politica. Quando si finge ribellione mentre si vive di fondi pubblici. Quando si predica autonomia mentre si firma ogni delibera con la penna di Stato. E il bello è che il pubblico, almeno quello medio, ci crede ancora.
A questo punto, la soluzione più logica sarebbe urbanizzare il Pian del Re con un piccolo ponte simbolico: da un lato la rosa padana, dall’altro il tricolore. Così, anche i leghisti confusi potranno attraversare le proprie contraddizioni senza inciampare. Magari con l’inaugurazione in diretta social e Salvini a tagliare il nastro, come da manuale.
Del resto, se la Lega ha perso la Padania ma ha trovato i fondi del PNRR, non è mica andata così male.
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Ardmando
8 Settembre 2025 at 18:23
La Lega come partito ha decisamente bisogno di cambiare, Salvini l’ha affossata completamente e Vannacci avrebbe fatto meglio a continuare ad occuparsi delle sue faccende nell’Esercito. Troppo vicini al dittatore russo e al suo infame regime, Salvini da sempre simpatizzante del dittatore e Vannacci fin troppo coinvolto con i loschi affari di quella dittatura, visto che lavorava a Mosca con incarichi fin troppo nebulosi. Salvini come segretario piace sempre meno e Vannacci è nato antipatico, nonostante culturalmente sia dieci piani sopra a Salvini. Ma Vannacci punta alla segreteria ed è palese come è altrettanto palese che non ci sono molti ostacoli alla riuscita di questo suo intento. Il folklore dell’Era Bossi è orami parte delle leggende, spazzato via anche dagli scandali e già minato nel passato quando il “nemico” erano gli italiani del sud, evaporato quando lo stesso Bossi sposò una siciliana, sintomatico della sua completa mancanza di coerenza, aprendo di fatto la possibilità di avere elettori della Lega anche a sud del Po. Da li in poi è stato un rapido declino, tolta la fiammata che portò al primo vergognoso Governo Conte, l’avvocato-clown che disattese prontamente le sue promesse di non essere interessato alla politica, tanto disinteressato da diventare il santone-guida della Setta a 5 Stelle, portano la stessa a rinnegare persino il suo fondatore. Ma a lui non interessava al politica….
Tornando alla Lega, il folklore attuale è davvero paragonabile alle rievocazioni storiche come ben sottolineato da Dellarovere e fa un po’ sorridere perchè è lontanissimo dai giochi di potere dei Palazzi di Roma.
Bruno
8 Settembre 2025 at 20:43
la lega è penosa con Salvini che gira con rosari e crocefissi con il papere con Vannacci una testa vuota che se non portava voti la lega cadeva al di sotto delquattro per cento , era padano ora napoletano e di tutto il sud ma non era padano? meta russo meta americano pagliaccio tra i pagliacci dovrebbe lavorare al circo le soleil così lavora in francia