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L’euro digitale tra ambizioni globali e il peso di una moneta troppo forte

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Bce (© Depositphotos)

L’accelerazione della Bce

Christine Lagarde ha parlato chiaro: l’euro digitale deve arrivare prima del previsto. Se fino a pochi mesi fa il 2029 sembrava l’orizzonte temporale realistico, ora la presidente della Bce ha spostato l’asticella in avanti, dichiarando che il progetto potrebbe essere pronto già “in un paio d’anni”. La spinta non è casuale. In un mondo in cui le piattaforme di pagamento digitale non sono europee e le grandi carte di credito continuano a imporre commissioni pesanti, l’Unione non può permettersi di restare indietro.

L’euro digitale non nasce con l’obiettivo di sostituire il contante, ma di affiancarlo, diventando un’alternativa sicura e sovrana alle soluzioni già presenti sul mercato. La promessa è quella di una moneta che, pur rimanendo sotto il pieno controllo della Bce, sappia offrire praticità e costi contenuti, contrastando la supremazia di circuiti statunitensi o asiatici.

Le imprese italiane protagoniste

Un aspetto interessante riguarda il ruolo dell’Italia. Almaviva, gruppo leader nell’innovazione digitale, e Fabrick, fintech del gruppo Sella attiva nell’open finance, sono state selezionate dalla Bce per sviluppare l’applicazione mobile e l’infrastruttura tecnologica dell’euro digitale.

Il progetto prevede un’app semplice, intuitiva e accessibile da smartphone, tablet e smartwatch. Non si tratta solo di un esercizio di design, ma di creare un ecosistema sicuro e uniforme per i cittadini europei, che potranno pagare e trasferire denaro digitale con la stessa naturalezza con cui oggi usano il contante o una carta di credito. Almaviva e Fabrick, oltre a costruire la parte visibile agli utenti, avranno anche la responsabilità dell’infrastruttura: un sistema aperto e interoperabile che consentirà ai Payment Service Provider europei di integrare i propri servizi grazie a software di sviluppo e API dedicate. In altre parole, un’architettura che potrà diventare lo scheletro tecnologico dell’euro digitale.

Il nodo della forza dell’euro

Eppure, dietro all’entusiasmo tecnologico, si nasconde un problema più grande: la forza dell’euro. La moneta unica, già oggi, soffre di una sorta di “sindrome del dollaro europeo”. È una valuta considerata stabile, solida, affidabile. Ma questa stessa solidità ne limita l’appeal come valuta globale alternativa al dollaro statunitense.

Perché una moneta diventi davvero di uso internazionale deve essere conveniente, liquida, ma anche competitiva nei tassi di cambio. L’euro, invece, tende a restare “troppo forte”, penalizzando l’export e rendendo più difficile la sua diffusione come strumento di pagamento globale. Un euro digitale che ricalchi questa caratteristica rischia di nascere già zoppo: utile all’interno dei confini europei, ma poco appetibile fuori.

Alcuni economisti sostengono che, paradossalmente, per diventare davvero globale l’euro dovrebbe indebolirsi. Un deprezzamento controllato, capace di stimolare gli scambi commerciali e rendere la valuta europea più competitiva sui mercati. Ma la politica monetaria della Bce, da sempre attenta alla stabilità e al controllo dell’inflazione, non lascia molto spazio a strategie di svalutazione.

La concorrenza delle altre valute digitali

Non va dimenticato che l’euro digitale non sarà il primo. La Cina ha già avviato la sperimentazione dello yuan digitale, utilizzato in test su larga scala in città chiave e sempre più integrato nei pagamenti domestici. Gli Stati Uniti, più cauti, stanno riflettendo sul dollaro digitale, ma con la forza del biglietto verde alle spalle potrebbero permettersi una strategia meno aggressiva.

L’Europa, invece, si trova stretta tra l’incudine e il martello: da un lato la necessità di correre per non restare indietro, dall’altro la difficoltà di convincere i mercati internazionali ad adottare un euro che, pur digitale, rischia di restare confinato a un ruolo regionale.

Implicazioni geopolitiche ed economiche

Il progetto dell’euro digitale è molto più di un’innovazione tecnologica. È una mossa geopolitica. Se l’Europa riuscirà a imporre la propria moneta come standard nei pagamenti digitali, potrà ridurre la dipendenza dai sistemi americani e cinesi, rafforzando la propria sovranità economica. Ma la strada è lunga.

Il rischio è che l’euro digitale resti una sorta di “versione elettronica del contante europeo”, senza sviluppare quella funzione globale che molti politici vorrebbero. Se non si affronta la questione della competitività del cambio e della capacità di attrarre transazioni internazionali, il progetto rischia di restare limitato a una dimensione domestica.

Uno sguardo al mercato valutario

Ed è qui che il mercato del Forex entra in gioco. Per capire forex cos’è, basta pensare che le dinamiche del mercato dei cambi raccontano già oggi le difficoltà dell’euro: nei confronti del dollaro, la moneta unica fatica a guadagnare terreno e ogni tentativo di rafforzamento viene frenato dalle condizioni macroeconomiche e dalla politica monetaria della Fed. Per gli investitori, il lancio dell’euro digitale potrà rappresentare una nuova variabile da seguire, ma non cambierà il dato di fondo: per diventare davvero competitivo sul piano globale, l’euro deve saper trovare il giusto equilibrio tra stabilità interna e capacità di penetrazione internazionale.

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