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Biella, una città in terapia

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Fonzarelli di provincia

Questa settimana, parafrasando un successo pop d’altri tempi, azzardiamo un “gli sbiellati siamo noi”. Per provare, con un’improvvisata analisi del lamento, a capire da dove prende le mosse l’attitudine locale alla lamentazione, ciò che fa di questo territorio non una “la la land” ma una “la la lagna”, madre terra di più caserecci pessimismo e insofferenza.

A guardarci e leggerci un po’ intorno si ha l’impressione di vivere dentro a un’assemblea condominiale permanente, di quelle ben narrate dalla commedia all’italiana: usciamo di casa la mattina alla ricerca di un pretesto per lamentarci. Se la malinconia è la cifra dei poeti, il mugugno è quella dei biellesi, egoriferiti artisti del lamento. Non c’è situazione che non metta d’accordo tutti su almeno un aspetto degno di protesta, a dispetto degli elementi positivi che generalmente fanno pendere la bilancia dalla loro parte.

Siamo così concentrati nella nostra attività denigratoria da sentircene depositari, e spesso la annunciamo come fosse verità rivelata. Il significato di questo atteggiamento può in effetti avere origini mistiche, vista la devozione che il popolo locale professa per la Madonna d’Oropa. Onorandola con la preghiera del “Salve Regina”, abbiamo preso troppo alla lettera il passaggio che recita: «Gementi e piangenti in questa valle di lacrime», e abbiamo circoscritto la surreale valle di lacrime alla nostra piccola città di provincia.

Ognuno di noi è almeno una lettera al giornale non spedita, un post non scritto, un accesso d’ira soffocato nel rumore bianco che produce l’insieme delle insofferenze. Non che ce ne manchino i motivi, beninteso: siamo vittima di troppe sconfitte e poche prospettive. Però, in genere, la lamentazione necessita ascolto: senza nessuno a cui confidarla la frustrazione non funziona, la lagna non è compiuta. Ci si aspetterebbe quindi che col piagnucolio si fosse sviluppata una pari attitudine all’ascolto dell’altrui gemito, ma non è così. Si protesta tutti insieme sì, ma in un disarmonico coro di individualismi lamentosi confortati dal non sentirsi soli, poco importa se ascoltati o meno. Poco importa se in ascolto o meno.

Allora via con la lista della spesa al mercato della lagna: il senso alternato sul ponte della Tangenziale, l’erba alta nei parchi, il traffico deviato dalla manifestazione di auto storiche, il non c’è mai niente da fare, la Fiera lontana dal centro, la Fiera vicina a Città Studi, il mercatino europeo, il mercatino regionale, il mercatino e basta, il centro deserto, il centro con troppa gente, l’assenza di manifestazioni, il volume troppo alto… E via così, in uno schizofrenico incedere a passo di marcia del dissenso a ogni cosa e in ogni caso.

C’è un tizio che si è costruito la reputazione con un libro motivazionale dal titolo “Vietato lamentarsi”; ne ha fatto anche un cartello, del formato di quelli del divieto di fumare, che pare stia appeso anche sulla porta dell’ufficio del Papa. Una delle sue indicazioni recita: «I trasgressori sono soggetti a una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell’umore e della capacità di risolvere i problemi». Questo già sarebbe abbastanza, non fosse che ci lamenteremmo del divieto.

È che a noi sfuggono i dettagli. Ci sfugge il fatto che la manutenzione, ordinaria e straordinaria, al ponte della Tangenziale vada fatta prima che ci crolli sotto ai piedi come nel 1993, e che ciò comporti qualche sacrificio in capo al traffico che vi gravita attorno. Ma la disposizione al sacrificio non è cosa per noi, così occupati a individuare la nostra peculiare difficoltà: fosse il partire da casa un quarto d’ora prima, arrivarci un quarto d’ora dopo, prendere altre strade e deviazioni che ci allontanano dalle abitudini.

Una lagna ricorrente, fosse questo il caso o, come di recente, lo sfilare di auto d’epoca legato all’Autogiro d’Italia, è quella legata alla mancata comunicazione delle deviazioni stradali e relativa mappa di interruzioni e orari corrispondenti. Il modello classico della lagna è il “lo fanno senza avvisare”. Resta sottotraccia la pretesa che i cittadini vengano avvisati porta a porta, vista la loro impossibilità di perdere del tempo leggendo gli organi d’informazione locale o dedicando maggior attenzione ai cartelli lungo la via.

È così che nasce la lamentela in tempo reale: fermi in coda col dito sul cellulare a compulsare la lagna via social. Un po’ come con l’erba esplosa in maggio dopo mesi di astinenza e siccità: non fa in tempo a piovere che fiorisce anche la protesta. Vero che la città non brilla in manutenzione del verde pubblico e tempestività, ma che oltre ai temporali si becchi certi strali gratis pare un filo ingiusto. Pur non essendo un fan della positività tossica, In tema di prossima campagna elettorale ce la vedrei bene una voce di bilancio a coprire i costi per uno psicologo di città.

Lele Ghisio

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4 Commenti

1 Commento

  1. Pier Giovanni Malanotte

    20 Giugno 2023 at 11:41

    Esatta diagnosi di piacevole lettura.
    Ma ad una malattia e conseguente diagnosi segue una terapia.
    Ritengo che per Biella, id est i Biellesi, non sia sufficiente uno psicologo.

  2. Emme F.

    20 Giugno 2023 at 15:31

    q

  3. Daniela Fico

    21 Giugno 2023 at 10:05

    tutto vero, bell’articolo, bravo!!!

  4. FRANCO TRAVAGLINO

    25 Giugno 2023 at 8:48

    Altro che lamentazione,la sciatteria e la trascuratezza nella ordinaria manutenzione di questa città ha raggiunto un culmine mai visto nei 4p aa cge ho passato in questa città. Prendere in giro i cittadini che si lame ta o sin troppo civilmente è una difesa d’ufficio della’amministrazione pubblica più scandalosamente inetta della storia recente.

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