Seguici su

Gli Sbiellati

Apologia del giornale locale

Gli Sbiellati: una rubrica per tentare di guardarci allo specchio e non piacerci

Pubblicato

il

Fonzarelli di provincia

BIELLA – L’informazione, almeno dai tempi di Gutenberg, ha sempre avuto a che fare con la tecnologia. Da allora ha abbandonato la dimensione artigianale: dai primi graffiti per rinfrescare le pareti della grotta di famiglia ai papiri egizi in cui esibire il profilo migliore; dai comandamenti incisi divinamente sulla roccia alla pazienza artistica dei monaci amanuensi. Fino all’oggi, che ci trova informatissimi e con tutta l’informazione del mondo nella tasca dietro dei pantaloni.

Un po’ per necessità, un po’ per curiosità l’essere informati sull’accadere è sempre stata una priorità dell’umano.

Ogni comunità aveva e ha il bisogno di raccontarsi per definirsi tale, pure se oggi abbiamo una certa difficoltà nel leggerne i contorni, visto che in tasca ci portiamo notizie dell’universo mondo. Di cui, francamente, potremmo molto bene farne a meno, almeno per la gran parte, vista la lontananza fisica dalla maggior parte degli eventi.

In questo panorama così mutevole, dato il tempo e lo spazio, e la tecnologia appunto, i giornali locali sono nati e cresciuti. E, vista la loro decadenza, chissà se inevitabile, almeno nella loro versione cartacea, quella più tangibile, è forse questo il momento di spezzare una lancia nel costato dell’editoria locale. A favore, nonostante. Un po’ come succede con le fotografie, che la generazione di mezz’età può ancora riscoprire nei cassetti di casa e della memoria, sbiadite magari, ma presenti nel ricordare anche solo quell’attimo di passato. Chissà le generazioni successive, invece. Costrette a selezionare tra migliaia di file digitali, che di sicuro non scoloriranno, ma chissà se potremo ancora leggere con la tecnologia futura.

Così per quei ritagli di carta ingiallita dal tempo, in cui appariva la nostra appartenenza alla comunità di riferimento e certificata agli occhi altrui, conservati con l’orgoglio di vedersi pubblicati, in nome o fotografia. “Pubblicati”, e quindi resi pubblici, presentati in società. Come quando i giornali locali stampavano almeno settimanalmente lo stato civile di una città o di un territorio, e mi è davvero capitato tra le mani il ritaglio di giornale che annunciava la mia nascita, con tanto di paternità e maternità: la comunità era avvisata.

Non è il passatismo, la mia intenzione. Tutt’altro. D’altronde siamo tornati ad ascoltare dischi in vinile, non vedo perché un giorno non potremo tornare a leggere su carta e farcene vanto, ritagliando l’articolo che recita il nostro nome o la fotografia della prima comunione del nostro figlio più piccolo. Magari su una carta di grammatura più importante, con l’effetto vintage del ritorno alla fotografia in bianco&nero.

Ma non voglio portarvi fuori strada come un sindaco sulla neve, anzi. Quel che voglio fare è proprio apologia della stampa locale, nonostante. Quella in cui si legge del pregiudicato che si reca alla caserma di paese dei Carabinieri su di una bici rubata. Quella in cui le gesta delle forze dell’ordine vengono narrate mentre con lo spray al peperoncino riducono all’impotenza un ubriaco, senza poi approfondire se fosse per confonderne l’alito o meno. Quella in cui si presenta e si discute del restyling di Piazza Vittorio Veneto, e ci troviamo le solite dichiarazioni dei commercianti pro e dei commercianti contro, resistenti al e a ogni cambiamento. Quella in cui la titolazione ardita e i refusi sono da incorniciare come una vignetta di Altan. Quella in cui gli “attimi di paura” sono ordinari e la “tragedia” una noiosa e banale quotidianità.

Voglio così bene alla stampa locale che quando capito in altre città, in Italia o all’estero, compro sempre copia del giornale locale: per sentirmi parte, per avere argomenti di conversazione, per annusare l’aria di provincia, che senza forse non so respirare. Più difficile per chi, foresto, venga qui da noi e intenda fare la stessa cosa: di testate locali, cartacee, ne abbiamo almeno quattro. Siamo fatti così, il distinguo ci appartiene.

La stampa nazionale non regge il confronto, anche se è quella che ci fornisce il pretesto per mettere insieme politica e meteorologia: piove, governo ladro. Come non adorare, sull’onda di quest’impeto metagiornalistico e localistico, l’articolo sulla ricerca del cane perduto, spalmato su quattro colonne con le amorevoli dichiarazioni virgolettate del proprietario. O l’enfasi retorica comune a ogni testata locale, in cui tutto è “grande”, “storico”, “imperdibile”.

Per la quale chiunque arrivi in città, fosse persona o evento, non si limita ad arrivare ma “sbarca” (sulle sponde del Cervo) e il relativo “quasi sold out” fa notizia almeno quanto il “sold out” stesso. Ci scherzo sopra, ma la funzione sociale della stampa locale la riconosco: sono fogli di carta, ma dentro ai quali ci nasciamo e ci moriamo. Con la comunità che li tiene tra le mani e ne discute al bar per elaborare il lutto. Fino al prossimo necrologio.

 

Lele Ghisio

Continua a leggere le notizie de La Provincia di Biella e segui la nostra pagina Facebook

E tu cosa ne pensi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *