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Palestina anno zero: il presepio vivente di Donato

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Forse fu proprio l’appello di Renier sul rischio della scomparsa dei drammi popolari a far breccia nel cuore di Melchiorre Buronzo, maestro presso la scuola elementare di Donato, il quale alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso ebbe l’idea di riprendere la tradizione, proponendo la rappresentazione della Natività di Cristo.

«Dei drammi sacri popolari, rappresentati un tempo così largamente e con tanto concorso di spettatori, si va perdendo l’uso quasi dovunque ed in taluni luoghi sin la memoria. È quindi indispensabile il non lasciar trascorrere l’ora presente, nella quale è ancor dato di salvar qualche tavola dal grande naufragio»

Così scriveva Rodolfo Renier in appendice al suo volume dedicato alla più importante rappresentazione sacra del teatro popolare piemontese, il “Gelindo” (R. Renier, “Il Gelindo. Dramma sacro piemontese della natività di Cristo”, Carlo Clausen, Torino 1896); e forse fu proprio l’appello del noto filologo di origini veneziane a far breccia nel cuore di Melchiorre Buronzo, maestro presso la scuola elementare di Donato, il quale alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso ebbe l’idea di riprendere la tradizione dei drammi sacri, proponendo la rappresentazione della Natività di Cristo.
Il progetto di un presepe vivente non era nuovo nella mente dell’intraprendente educatore: già nel 1953, in occasione della celebrazione del Natale, aveva allestito in collaborazione con le maestre dell’asilo la rappresentazione del Mistero della Natività: «[…] nelle scuole Comunali – informò “il Biellese” (18.12.1953) – si sta lavorando attivamente per allestire il presepio vivente con scenette suggestive culminanti nella nascita del Redentore. Il libretto è stato scritto in collaborazione dai promotori; interpreti ne saranno gli alunni delle scuole ed i bambini dell’Asilo in suggestivi costumi intonati all’ambiente pastorale».
Nelle intenzioni degli organizzatori la rappresentazione sarebbe andata in scena per la prima volta la notte di Natale, per essere poi replicata nel pomeriggio del 26 dicembre, a San Silvestro e infine il giorno dell’Epifania (con l’aggiunta dell’arrivo dei Re Magi): «Tutta la popolazione di Donato e dei paesi limitrofi aspetta con vivo desiderio queste Sacre Rappresentazioni, a cui sono invitati vicini e lontani – aggiunse il giornale diretto da don Cantono – Vi accorrano numerosi d’ogni parte gli spettatori per partecipare in letizia alla Rievocazione di pace e d’Amore». Dalle cronache dell’epoca non ci è dato sapere  se le attese furono rispettate; ma non c’è motivo di dubitarne, se poco più di dieci anni dopo il maestro Buronzo decise di ripetere l’esperienza coinvolgendo in quell’occasione non più solo i bambini bensì l’intera popolazione del piccolo borgo arroccato sulle pendici del Mombarone.
La gestazione di “Palestina anno zero” (questo il titolo attribuito al dramma sacro) durò quasi un anno e richiese un notevole sforzo organizzativo per trasformare Donato in una piccola Betlemme; particolarmente riuscito fu il Bazar, dove gli spettatori potevano acquistare piccoli oggetti ricordo realizzati dagli alunni della scuola elementare: «Su questi ricordini – commentò il cronista de “il Biellese” (28.12.1965) – eravamo alquanto scettici pensando ai soliti lavoretti scolastici semplici ed ingenui. Quando abbiamo visto il campionario ci siamo ricreduti: al buon gusto della presentazione è accoppiata una notevole validità artistica soprattutto nei medaglioni di cotto dove alcuni ragazzi hanno rivelato tendenze e qualità significative sotto la guida del M.o Buronzo».

Rolando Magliola

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