Attualità
A Biella una mostra sulla Vespa con i più grandi artisti
È il progetto artistico che Omar Ronda ha seguito nei suoi ultimi mesi di vita a inaugurare il 2018 del Macist, il museo di arte contemporanea legato al Fondo Edo Tempia per volontà del suo fondatore: “La Vespa nella storia e nell’arte” è un omaggio a un’icona italiana che proprio in città, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, ha mosso i primi passi, che 37 artisti invitati da Ronda hanno voluto tributare ognuno secondo il suo linguaggio. Tra le opere esposte ci saranno quelle dei biellesi Ugo Nespolo, Daniele Basso, Paolo Vegas e Francesco Pavignano e saranno presenti anche due brillanti e colorate sculture di Omar Ronda: “C…. che Vespa!”, opera del 2006 rivista – solo pochi mesi fa – volutamente per l’occasione, e l’inedita “Vespa Marilyn Monroe” (2017), mezzo dedicato all’icona pop per eccellenza, musa ispiratrice dell’artista biellese.
La mostra sarà inaugurata sabato 13 gennaio alle 18 e resterà aperta fino al 30 giugno ogni weekend dalle 15 alle 18,30, con ingresso libero. Il Macist è in costa di Riva 11/a. Di seguito la presentazione della mostra firmata dal curatore Mark Bertazzoli.
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“La Vespa nella Storia e nell’Arte” non è solo un omaggio del MACIST alla Vespa, mito industriale italiano, icona del design e simbolo di libertà e spensieratezza. La visione che sta alla base di questo progetto presenta una valenza duplice in quanto a un’esposizione di un’importante selezione di Vespe storiche, dalla fine degli anni quaranta agli anni ottanta, si affiancano una quarantina di esclusive opere d’arte, realizzate da importanti artisti contemporanei, la maggior parte create appositamente per questo evento. Un percorso dunque originale proprio perché di duplice interesse: storico e artistico.
Le origini della Vespa sono strettamente legate alla città di Biella. È nella città piemontese, infatti, che risiedevano nel dopoguerra gli stabilimenti della Piaggio – così come l’Ufficio tecnico progetti -, dove veniva prodotto il modello progenitore della Vespa: l’MP5, meglio noto come “Paperino”. Ma il vero prototipo della Vespa è il modello sperimentale MP6, richiesto da Enrico Piaggio e disegnato dall’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, che venne sottoposto alle prime prove su strada proprio nella salita che da Biella conduce a Oropa, alla fine del 1945. Il modello era dotato di scocca autoportante, motore su ruota posteriore e cambio al manubrio; si contraddistingueva per la forcella, di evidente derivazione aeronautica, e per le feritoie di raffreddamento, poste di lato sul cofano.
All’inizio del 1946, dopo la sperimentazione di nuove soluzioni di perfezionamento adottate dai tecnici Piaggio (in particolare, l’introduzione sul volano di un disco con alette in grado di produrre corrente d’aria), D’Ascanio impostò il progetto definitivo della Vespa, che verrà poi prodotta in serie a Pontedera.
La Vespa è stata fin da subito una felice idea progettuale e un pregevole prodotto industriale, tanto da diventare, insieme alla Fiat 600, il “veicolo-emblema” del boom economico italiano. Alla fine del 1949 ne erano stati prodotti già 35 mila esemplari. Un successo commerciale eccezionale, tanto che a partire dagli anni cinquanta verrà prodotta in mezza Europa, e poco dopo anche in India, nel sud-est asiatico e in Brasile.
La fortuna della Vespa è da ricercarsi in primo luogo nell’unicità del progetto: un motore di piccola cilindrata, costi economici e possibilità di pagamento rateizzato, la praticità data dalla pedana piatta (che consentiva di non sporcarsi, grazie anche alla protezione dello scudo). La Vespa è stata un’idea efficace anche perché metteva d’accordo i motociclisti e gli automobilisti. Un ibrido affascinante che manteneva le caratteristiche tipiche della moto – pochi cavalli di potenza, suono del motore, visibilità della meccanica – ma che avvicinava molto il concetto dell’automobile: scocca portante, parafanghi, motore posteriore e, in generale, un maggiore comfort senza troppe pretese sportive.
È proprio la praticità di utilizzo a essere stata determinante per il successo della Vespa: un mezzo conveniente e semplice, adatto alle famiglie, ai giovani, agli scapoli e alle donne. La Vespa si guidava con il vestito da lavoro o con quello di festa e si utilizzava per andare in giro nelle città, per spostarsi nelle periferie o nelle verdi campagne, per raggiungere le ridenti località turistiche. Un veicolo adatto a tutte le stagioni, con un motore di facile manutenzione. Un mezzo perfino sicuro grazie alla velocità di marcia piuttosto ridotta e alla pedana, provvista di freno, che proteggeva le gambe in caso di caduta.
Dopo dieci anni dal lancio la Piaggio raggiunse il milione di esemplari prodotti. Un successo straordinario e globale.
La Vespa non era però solo un mezzo contraddistinto da costi contenuti e facilità di utilizzo. La Vespa costituiva un mezzo popolare perché aveva in sé tutte le carte in regola per piacere alla gente. Era un veicolo attraente, dalle linee eleganti e pure, dotato di una spiccata personalità: in poche parole un eccellente e indovinato prodotto di design. Non stupisce certo che in breve tempo sia diventata un oggetto di culto, un must-have, un classico intramontabile, un mito.
Erano gli anni della Dolce Vita e, più in generale, anni di grande fermento in campo cinematografico. La prima apparizione della Vespa sui grandi schermi avvenne nel 1953 nel film “Vacanze Romane”, con Audrey Hepburn e Gregory Peck. Lo scooter rappresentava già un vero e proprio fenomeno di costume tutto italiano. La Vespa comparve poi come protagonista anche nelle commedie di Steno – “I tartassati” (1959) – e Dino Risi – “Poveri, ma belli” (1956) – e appunto nel film “La dolce vita” (1959), il capolavoro di Federico Fellini ambientato nella Roma a cavallo fra anni cinquanta e sessanta. Negli anni a venire il mondo incantato del cinema diventerà per lo scooter della Piaggio un luogo di elezione.
La Vespa era protagonista anche nella televisione, attraverso moderni e trasgressivi spot pubblicitari. Impossibile non citare il claim americano del 1964, “Maybe your second car shouldn’t be a car”, e il noto slogan dai toni New Dada lanciato a partire dal 1969, “Chi Vespa mangia le mele”, divenuto parte della cultura giovanile dell’epoca e persino fonte di neologismi.
Cinema, televisione, letteratura, teatro ma anche e – soprattutto – Arte figurativa. La Vespa era diventata fin da subito fonte di ispirazione per gli artisti. Le sue linee inconfondibili – del resto – colpivano l’immaginazione dei pittori e le sue originali forme sollecitavano la creatività degli scultori; i vespisti suscitavano curiosità e suggestioni nei fotografi, così come il design stesso della Vespa stimolava la fantasia di grafici e pubblicitari di mezzo mondo.
Uno dei primi grandi artisti che si è accostato a Vespa con intenti professionali fu Salvador Dalì, il grande pittore surrealista, che «volle decorare in modo bizzarro la carrozzeria della Vespa, apponendovi la sua firma e il nome della compagna e musa ispiratrice Gala». Questa Vespa – una 150 S -, così impreziosita dal tocco di Dalì, partì per un “giro del mondo in 79 giorni”, condotta da due studenti universitari spagnoli.
Da allora sempre più artisti si sono avvicinati al tema della Vespa, avanzando originali e personali interpretazioni estetiche e facendo così tramutare un oggetto metallico dalle asettiche forme in un vero e proprio “soggetto d’arte”.
“La Vespa nella Storia e nell’Arte” attesta – innanzi tutto – l’attualità di un mito che continua nel tempo, perché la Vespa è un’icona italiana classica e moderna al tempo stesso. La mostra vuole inoltre offrire uno sguardo sistematico e concreto sul rapporto profondo tra Vespa e Arte.
Grazie al contributo degli artisti, “La Vespa nella Storia e nell’Arte” permette di effettuare un percorso affascinante e stimolante: un piccolo viaggio nell’immaginario collettivo, attraverso opere d’arte diversissime fra loro. Ogni opera presenterà concetti strettamente personali, ma agli occhi del fruitore questi contenuti, intimi e particolari, si trasformeranno in una grande e comprensibile visione universale.
All’esposizione prendono parte i seguenti 36 artisti:
Luca Alinari; Andy Fluon; Daniele Basso; Nazareno Biondo; Dario Brevi; Francesco Capello; Felipe Cardeña; Cristiano Carotti; Gianni Cella; Gerolamo Ciulla; Nando Crippa; Roberto Curoso; Gianni Depaoli; Bruno Donzelli; Lorenzo Filomeni; Camillo Francia; Maurizio Galimberti; Titti Garelli; Annamaria Gelmi; Lady Be; Gabriele Lamberti; Marco Lodola; Danilo Marchi Nuti; Umberto Mariani; Luciano Molinari; Giancarlo Montuschi; Antonio Murgia; Ugo Nespolo; Francesco Pavignano; Plumcake; Omar Ronda; Anacleto Spazzapan; Vittorio Valente; Tiziana Vanetti; Paolo Vegas; Roberto Vota.
Ogni artista, mediante il linguaggio a lui più congeniale, che sia pittura, scultura o fotografia, e attraverso l’impiego dei più differenti materiali – dal legno al marmo, dalle materie plastiche al ferro, dall’alluminio al piombo, dal silicone ai led luminosi, ecc. – interpreta la Vespa secondo le proprie sensazioni e suggestioni. Ora ricordando le linee e le forme dei vari modelli; ora esplorando la “personalità” del mezzo; ora studiando l’ambiente in cui si muove; ora concentrandosi sulla figura del vespista e analizzando il suo rapporto simbiotico con la Vespa; ora richiamando celebri slogan pubblicitari; ora lavorando sul mito della Vespa; e infine proponendo oggetti nuovi: ironici, magniloquenti, attraenti e misteriosi.
Oltre alle opere d’arte, “La Vespa nella Storia e nell’Arte” proporrà un’ampia e importante selezione di modelli storici della Piaggio, dalla fine degli anni quaranta agli anni ottanta, messi a disposizione dai soci del Vespa Club di Biella.
Il catalogo della mostra, attualmente in preparazione, verrà pubblicato a partire da marzo 2018.
È il progetto artistico che Omar Ronda ha seguito nei suoi ultimi mesi di vita a inaugurare il 2018 del Macist, il museo di arte contemporanea legato al Fondo Edo Tempia per volontà del suo fondatore: “La Vespa nella storia e nell’arte” è un omaggio a un’icona italiana che proprio in città, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, ha mosso i primi passi, che 37 artisti invitati da Ronda hanno voluto tributare ognuno secondo il suo linguaggio. Tra le opere esposte ci saranno quelle dei biellesi Ugo Nespolo, Daniele Basso, Paolo Vegas e Francesco Pavignano e saranno presenti anche due brillanti e colorate sculture di Omar Ronda: “C…. che Vespa!”, opera del 2006 rivista – solo pochi mesi fa – volutamente per l’occasione, e l’inedita “Vespa Marilyn Monroe” (2017), mezzo dedicato all’icona pop per eccellenza, musa ispiratrice dell’artista biellese.
La mostra sarà inaugurata sabato 13 gennaio alle 18 e resterà aperta fino al 30 giugno ogni weekend dalle 15 alle 18,30, con ingresso libero. Il Macist è in costa di Riva 11/a. Di seguito la presentazione della mostra firmata dal curatore Mark Bertazzoli.
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“La Vespa nella Storia e nell’Arte” non è solo un omaggio del MACIST alla Vespa, mito industriale italiano, icona del design e simbolo di libertà e spensieratezza. La visione che sta alla base di questo progetto presenta una valenza duplice in quanto a un’esposizione di un’importante selezione di Vespe storiche, dalla fine degli anni quaranta agli anni ottanta, si affiancano una quarantina di esclusive opere d’arte, realizzate da importanti artisti contemporanei, la maggior parte create appositamente per questo evento. Un percorso dunque originale proprio perché di duplice interesse: storico e artistico.
Le origini della Vespa sono strettamente legate alla città di Biella. È nella città piemontese, infatti, che risiedevano nel dopoguerra gli stabilimenti della Piaggio – così come l’Ufficio tecnico progetti -, dove veniva prodotto il modello progenitore della Vespa: l’MP5, meglio noto come “Paperino”. Ma il vero prototipo della Vespa è il modello sperimentale MP6, richiesto da Enrico Piaggio e disegnato dall’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, che venne sottoposto alle prime prove su strada proprio nella salita che da Biella conduce a Oropa, alla fine del 1945. Il modello era dotato di scocca autoportante, motore su ruota posteriore e cambio al manubrio; si contraddistingueva per la forcella, di evidente derivazione aeronautica, e per le feritoie di raffreddamento, poste di lato sul cofano.
All’inizio del 1946, dopo la sperimentazione di nuove soluzioni di perfezionamento adottate dai tecnici Piaggio (in particolare, l’introduzione sul volano di un disco con alette in grado di produrre corrente d’aria), D’Ascanio impostò il progetto definitivo della Vespa, che verrà poi prodotta in serie a Pontedera.
La Vespa è stata fin da subito una felice idea progettuale e un pregevole prodotto industriale, tanto da diventare, insieme alla Fiat 600, il “veicolo-emblema” del boom economico italiano. Alla fine del 1949 ne erano stati prodotti già 35 mila esemplari. Un successo commerciale eccezionale, tanto che a partire dagli anni cinquanta verrà prodotta in mezza Europa, e poco dopo anche in India, nel sud-est asiatico e in Brasile.
La fortuna della Vespa è da ricercarsi in primo luogo nell’unicità del progetto: un motore di piccola cilindrata, costi economici e possibilità di pagamento rateizzato, la praticità data dalla pedana piatta (che consentiva di non sporcarsi, grazie anche alla protezione dello scudo). La Vespa è stata un’idea efficace anche perché metteva d’accordo i motociclisti e gli automobilisti. Un ibrido affascinante che manteneva le caratteristiche tipiche della moto – pochi cavalli di potenza, suono del motore, visibilità della meccanica – ma che avvicinava molto il concetto dell’automobile: scocca portante, parafanghi, motore posteriore e, in generale, un maggiore comfort senza troppe pretese sportive.
È proprio la praticità di utilizzo a essere stata determinante per il successo della Vespa: un mezzo conveniente e semplice, adatto alle famiglie, ai giovani, agli scapoli e alle donne. La Vespa si guidava con il vestito da lavoro o con quello di festa e si utilizzava per andare in giro nelle città, per spostarsi nelle periferie o nelle verdi campagne, per raggiungere le ridenti località turistiche. Un veicolo adatto a tutte le stagioni, con un motore di facile manutenzione. Un mezzo perfino sicuro grazie alla velocità di marcia piuttosto ridotta e alla pedana, provvista di freno, che proteggeva le gambe in caso di caduta.
Dopo dieci anni dal lancio la Piaggio raggiunse il milione di esemplari prodotti. Un successo straordinario e globale.
La Vespa non era però solo un mezzo contraddistinto da costi contenuti e facilità di utilizzo. La Vespa costituiva un mezzo popolare perché aveva in sé tutte le carte in regola per piacere alla gente. Era un veicolo attraente, dalle linee eleganti e pure, dotato di una spiccata personalità: in poche parole un eccellente e indovinato prodotto di design. Non stupisce certo che in breve tempo sia diventata un oggetto di culto, un must-have, un classico intramontabile, un mito.
Erano gli anni della Dolce Vita e, più in generale, anni di grande fermento in campo cinematografico. La prima apparizione della Vespa sui grandi schermi avvenne nel 1953 nel film “Vacanze Romane”, con Audrey Hepburn e Gregory Peck. Lo scooter rappresentava già un vero e proprio fenomeno di costume tutto italiano. La Vespa comparve poi come protagonista anche nelle commedie di Steno – “I tartassati” (1959) – e Dino Risi – “Poveri, ma belli” (1956) – e appunto nel film “La dolce vita” (1959), il capolavoro di Federico Fellini ambientato nella Roma a cavallo fra anni cinquanta e sessanta. Negli anni a venire il mondo incantato del cinema diventerà per lo scooter della Piaggio un luogo di elezione.
La Vespa era protagonista anche nella televisione, attraverso moderni e trasgressivi spot pubblicitari. Impossibile non citare il claim americano del 1964, “Maybe your second car shouldn’t be a car”, e il noto slogan dai toni New Dada lanciato a partire dal 1969, “Chi Vespa mangia le mele”, divenuto parte della cultura giovanile dell’epoca e persino fonte di neologismi.
Cinema, televisione, letteratura, teatro ma anche e – soprattutto – Arte figurativa. La Vespa era diventata fin da subito fonte di ispirazione per gli artisti. Le sue linee inconfondibili – del resto – colpivano l’immaginazione dei pittori e le sue originali forme sollecitavano la creatività degli scultori; i vespisti suscitavano curiosità e suggestioni nei fotografi, così come il design stesso della Vespa stimolava la fantasia di grafici e pubblicitari di mezzo mondo.
Uno dei primi grandi artisti che si è accostato a Vespa con intenti professionali fu Salvador Dalì, il grande pittore surrealista, che «volle decorare in modo bizzarro la carrozzeria della Vespa, apponendovi la sua firma e il nome della compagna e musa ispiratrice Gala». Questa Vespa – una 150 S -, così impreziosita dal tocco di Dalì, partì per un “giro del mondo in 79 giorni”, condotta da due studenti universitari spagnoli.
Da allora sempre più artisti si sono avvicinati al tema della Vespa, avanzando originali e personali interpretazioni estetiche e facendo così tramutare un oggetto metallico dalle asettiche forme in un vero e proprio “soggetto d’arte”.
“La Vespa nella Storia e nell’Arte” attesta – innanzi tutto – l’attualità di un mito che continua nel tempo, perché la Vespa è un’icona italiana classica e moderna al tempo stesso. La mostra vuole inoltre offrire uno sguardo sistematico e concreto sul rapporto profondo tra Vespa e Arte.
Grazie al contributo degli artisti, “La Vespa nella Storia e nell’Arte” permette di effettuare un percorso affascinante e stimolante: un piccolo viaggio nell’immaginario collettivo, attraverso opere d’arte diversissime fra loro. Ogni opera presenterà concetti strettamente personali, ma agli occhi del fruitore questi contenuti, intimi e particolari, si trasformeranno in una grande e comprensibile visione universale.
All’esposizione prendono parte i seguenti 36 artisti:
Luca Alinari; Andy Fluon; Daniele Basso; Nazareno Biondo; Dario Brevi; Francesco Capello; Felipe Cardeña; Cristiano Carotti; Gianni Cella; Gerolamo Ciulla; Nando Crippa; Roberto Curoso; Gianni Depaoli; Bruno Donzelli; Lorenzo Filomeni; Camillo Francia; Maurizio Galimberti; Titti Garelli; Annamaria Gelmi; Lady Be; Gabriele Lamberti; Marco Lodola; Danilo Marchi Nuti; Umberto Mariani; Luciano Molinari; Giancarlo Montuschi; Antonio Murgia; Ugo Nespolo; Francesco Pavignano; Plumcake; Omar Ronda; Anacleto Spazzapan; Vittorio Valente; Tiziana Vanetti; Paolo Vegas; Roberto Vota.
Ogni artista, mediante il linguaggio a lui più congeniale, che sia pittura, scultura o fotografia, e attraverso l’impiego dei più differenti materiali – dal legno al marmo, dalle materie plastiche al ferro, dall’alluminio al piombo, dal silicone ai led luminosi, ecc. – interpreta la Vespa secondo le proprie sensazioni e suggestioni. Ora ricordando le linee e le forme dei vari modelli; ora esplorando la “personalità” del mezzo; ora studiando l’ambiente in cui si muove; ora concentrandosi sulla figura del vespista e analizzando il suo rapporto simbiotico con la Vespa; ora richiamando celebri slogan pubblicitari; ora lavorando sul mito della Vespa; e infine proponendo oggetti nuovi: ironici, magniloquenti, attraenti e misteriosi.
Oltre alle opere d’arte, “La Vespa nella Storia e nell’Arte” proporrà un’ampia e importante selezione di modelli storici della Piaggio, dalla fine degli anni quaranta agli anni ottanta, messi a disposizione dai soci del Vespa Club di Biella.
Il catalogo della mostra, attualmente in preparazione, verrà pubblicato a partire da marzo 2018.
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