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Cronaca

“Ti scrivo da un letto d’ospedale, ho tentato di togliermi la vita”

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Ciao Direttore, ti scrivo per raccontarti la mia storia. Tu mi conosci e quindi ti sarei grato se potessi non pubblicare il mio nome. Ho sempre lavorato nei miei 50 anni, ho sempre cercato il meglio per me e per la mia famiglia. Ora però le cose sono cambiate.

Tutto è iniziato nel gennaio 2014, la chiusura dell’ufficio dopo 20 anni di attività, la continua ricerca di un lavoro che non arriva, vuoi per l’età vuoi per l’inesperienza, insomma il nulla. Le continue umiliazioni nel doversi confrontare con una realtà difficile da spiegare ai propri figli, il dovere dire quasi sempre no alle loro richieste, anche le più futili. Il sentirsi emarginati da un mondo che ti apparteneva,  che potevi controllare. Adesso invece  le continue difficoltà  fanno crescere male i nostri figli, anche per via delle discussioni in famiglia.  E poi ti devi confrontare con il lavoro in nero,  con i prezzi concorrenziali che solo gli extracomunitari riescono a proporre. Eppure loro con quel poco ci vivono. Ma e noi? A noi non si dà lavoro per paura che si vada ai sindacati o all’ispettorato del lavoro.

Caro Massimo, in questo momento ti scrivo sdraiato sul letto di un ospedale.  Ebbene sì, ho cercato di togliermi la vita. Solo grazie alla mano della mia amata consorte mi ritrovo ancora qui a farmi la stessa domanda che si pongono tanti biellesi: ma domani che giorno sarà?

Lettera firmata

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