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Cronaca

Suicidi, chi sta male deve essere aiutato

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«E’ impossibile e dannoso pensare di ricoverare tutte le persone che tentano di porre fine alla propria vita. Ogni caso è diverso dall’altro. Lo psichiatra valuta la situazione patologica del paziente, cerca di capire se è depresso, se manifesta ancora idee suicidarie e se accetta di farsi seguire oppure no»

“Difficilissimo dire quando un suicidio può essere evitato, certamente non per tutti è possibile”. Un'affermazione netta quella di Giovanni Geda, direttore del dipartimento di Salute Mentale. Concordano con lui Roberto Merli, direttore della S.O.C. di Psichiatria UM1 e Franco Piunti,  direttore sanitario dell'Asl di Biella che lunedì pomeriggio hanno accettato di incontrare il nostro giornale per parlare di suicidio.

Un caso ha profondamente toccato l'opinione pubblica: la morte del padre 40enne di Candelo che domenica ha deciso di porre fine alla propria vita nel garage della sua abitazione. Episodio drammatico che ha avuto un precedente un paio di giorni prima, quando l’uomo era stato portato al pronto soccorso dopo aver cercato di farla finita. La vicenda, pubblicata sul  sito web www.laprovinciadibiella.it, ha scatenato commenti e accuse pesanti. “Perché nessuno scrive che la settimana scorsa era stato in ospedale per un tentativo di suicidio andato male, rimandato a casa con una pacca sulla spalla e la raccomandazione di fare il bravo!”, ha scritto un lettore. Affermazione tremenda che viene ripetuta da un'altra persona  molto vicina alla famiglia: “C'è una negligente responsabilità da parte del personale medico che due giorni prima della morte, in un precedente tentativo di uccidersi, ha pensato bene di rispedirlo a casa con una pacca sulla spalla e una confezione di antibiotici”.

“Queste e altre frasi che ho letto non mi stupiscono – afferma Geda -. Sull'onda di emozioni forti, che fatti come quello di cui stiamo parlando suscitano, anche se sono parole pesanti, è comprensibile che possano essere pronunciate. Sui casi specifici non possiamo dire nulla; dobbiamo tutelare la privacy dei pazienti. Devo, però, sottolineare con forza che i nostri medici sono tutti specialisti con una grande esperienza alle spalle, molto precisi e accurati nelle loro valutazioni. Noi medici anche per il fatto che se sbagliamo incorriamo in pesanti sanzioni penali, svolgiamo il nostro lavoro con estrema attenzione. Il protocollo viene sempre seguito minuziosamente, senza tralasciare nulla”.
Naturalmente l'errore è sempre possibile. La domanda che molta gente si pone è molto semplice: perché un uomo che ha tentato il suicidio viene  lasciato tornare a casa?
 “E' impossibile e dannoso pensare di ricoverare tutte le persone che tentano di porre fine alla propria vita. Ogni caso è diverso dall'altro. Lo psichiatra valuta la situazione patologica del paziente, cerca di capire se è depresso, se manifesta ancora idee suicidarie e se accetta di farsi seguire oppure no. A seconda delle caratteristiche del caso, viene scelto un percorso diverso; in ogni caso viene fissato un incontro al Centro Salute Mentale, entro le 24 /48 ore successive, il giorno stesso in caso di urgenza. Ma se una persona decide di non presentarsi a quell'appuntamento, magari adducendo varie motivazioni come impegni di lavoro o altro, noi non possiamo costringerlo. Come non abbiamo facoltà di informare la famiglia sul suo stato di salute se il paziente non vuole”.

Un amico dell'uomo che si è suicidato domenica parla di negligente responsabilità dei medici.
“Se un parente o un amico ravvisa una situazione di rischio è indispensabile non lasciare sola la persona che soffre e allertare il Servizio Sanitario anche attraverso il 118 – aggiunge Geda – è un errore però pensare che tutto sia riconducibile ad un problema psichiatrico. Spesso l'origine del disturbo che spinge a gesti estremi è una miscela di più cause tra cui problemi sentimentali, economici aggravati da forte stress e stanchezza. A fronte di molti tentativi di suicidio, purtroppo, ci sono casi che possono avere un esito drammatico”.

Ma da alcuni anni a questa parte, proprio in funzione del fatto che l'aumento di morti volontarie è cresciuto in maniera allarmante, l'Asl di Biella ha messo in campo un team di esperti che si occupa di crisi suicidarie. Il gruppo è guidato dallo psichiatra Roberto Merli, punto di riferimento a livello nazionale. «Accorgersi dei segnali di allarme non è sempre facile – spiega Merli -. La persona in crisi tende a comunicare la propria sofferenza tramite segnali che sono spesso difficili da cogliere anche per un famigliare e che, in molti casi, vengono sottovalutati. Il consiglio, qualora emerga il sospetto che un proprio conoscente o congiunto sia realmente in difficoltà è rendersi disponibile all’ascolto e convincere la persona a farsi aiutare. Prevenire il suicidio è possibile. Chiedere una mano in un momento di debolezza è un gesto di intelligenza strategica. Chi sta vivendo una crisi intensa non può pensare di farcela da solo. Rivolgersi ad un medico è il primo passo per poterla superare. I Centri di Salute Mentale offrono supporto alle persone che stanno attraversando un momento difficile attraverso percorsi di cura personalizzati. In cinque anni abbiamo seguito più di 450 casi di crisi suicidarie e i risultati del nostro modello sono davvero incoraggianti. Sul totale delle persone, infatti, che si sono sottoposte al trattamento, abbiamo registrato un solo caso di insuccesso”.
Elisabetta Ferrari

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