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Cronaca

“Quel migrante non ha gettato la pasta dal balcone. Aveva solo paura che gliela mangiassero”

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“La pasta lasciata cadere dal balcone? Non è stato il ragazzo, sono stato io”. In seguito alla pubblicazione della notizia del piatto “volato” dal centro d’accoglienza di viale Macallè, è lo stesso operatore protagonista della vicenda a intervenire per fare chiarezza “perché i fatti non sono andati come ho letto”.

“La pasta lasciata cadere dal balcone? Non è stato il ragazzo, sono stato io”. In seguito alla pubblicazione della notizia del piatto “volato” dal centro d’accoglienza di viale Macallè, è lo stesso operatore protagonista della vicenda a intervenire per fare chiarezza “perché i fatti non sono andati come ho letto”.

Stando alla prima ricostruzione, infatti, sembrava che giovedì fosse stato un richiedente asilo 23enne, ospite della struttura, a lanciare il cibo durante una discussione. In realtà non sarebbe così, almeno secondo la versione dei fatti dell’operatore.

“Erano le 17 e stavo facendo il solito giro di controllo nelle camere – ricostruisce Gianluca, meglio conosciuto come Rosco – quando nella sua stanza ho trovato un piatto con una piccola porzione di spaghetti. Li aveva avanzati dal pranzo e nascosti sotto al letto per mangiarli successivamente”.

A quel punto l’operatore gli ha spiegato che avrebbe riportato il piatto di sotto, in mensa, dove doveva stare. Il giovane nigeriano, però, si è opposto, temendo che nella sala comune qualcuno potesse consumare la pasta in sua assenza.

“Il regolamento – chiarisce il quarantenne – vieta ai ragazzi di portare cibo nelle camere. Le ragioni sono evidenti, innanzitutto per questioni di igiene. Lui però voleva conservarlo per la cena e l’aveva nascosto proprio per questo. Ho tentato di rassicurarlo e di spiegargli che avrei tenuto d’occhio io gli spaghetti, ma in quel momento non riusciva a capire. Comunichiamo in inglese e anche questo non aiuta. Temeva solo che volessi portarglieli via e non capiva perché, dato che si comporta sempre bene e che tra noi c’è un ottimo rapporto”.

Un ottimo rapporto che però ovviamente non giustifica differenze di trattamento da parte degli operatori. L’uomo si è quindi voluto mostrare inflessibile: “Eravamo in camera nei pressi del balcone e c’erano altre persone che assistevano alla scena – spiega Rosco -, non potevo lasciare che pensassero che le regole valgono solo per alcuni e per altri no. Così ho “minacciato” il ragazzo, gli ho detto che se non avesse ceduto, avrei buttato via tutto. Sperando che capisse. Lui invece ha insistito, così ho preso il piatto e l’ho lasciato cadere di sotto davvero. Era un gesto simbolico, una lezione, per far comprendere che non posso fare differenze e che chi vive qui non può comportarsi come vuole”.

A quel punto, spiega Gianluca, è stato proprio il 23enne africano, convinto di aver subito un grave torto, a chiamare il 112. “Quando i carabinieri sono arrivati – continua –, la situazione era già tornata completamente alla calma. Hanno solo raccolto i dati e spiegato a loro volta al ragazzo che doveva rispettare le regole. Poi se ne sono andati. Era chiusa lì, si era trattato di una banale discussione”.

L’operatore non immaginava le polemiche che si sarebbero sviluppate, per questo ha voluto chiarire i fatti, raccontandoli per come effettivamente si sarebbero svolti: “Quel ragazzo non ha buttato nulla e nessuno ha sprecato niente. Qui di solito quando avanza qualcosa lo si divide tra chi ha ancora fame. Sono stato io a gettare quel pugno di spaghetti. Ripeto: si è trattato di un gesto simbolico, ho agito come un padre di famiglia, ritenendo in quel momento di dare un insegnamento. Perché, nonostante questo sia un lavoro, qui dentro per me è quasi come se fossero figli miei”.

All’operatore, tra l’altro, non va giù il fatto che in mezzo alle polemiche sia finito uno dei ragazzi più in gamba tra i 48 ospitati nella struttura: “E’ bravissimo, non crea mai problemi – ribadisce -, non merita di passare ingiustamente per quello che butta via il cibo senza rispetto. Poco dopo la discussione si è presentato da me per scusarsi. Era incredulo e dispiaciuto per la lite. Gli ho spiegato con calma che avevo voluto e dovuto dare un segnale a tutti e che non ce l’avevo nello specifico con lui. Pensavo fosse finita lì, non era successo proprio niente di grave”.

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