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Cronaca

Operazione “Gengis Khan”, nei guai cinque imprenditori del cashmere

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Grazie ad uno stratagemma sono riusciti a nascondere al fisco redditi percepiti per oltre  cinque milioni di euro, ma sono stati scoperti e denunciati dalla Guardia di Finanza di Biella. Nei guai sono finiti cinque imprenditori del Cachemere: tre di nazionalità italiana  – due di loro sono biellesi – e due provenienti dalla Mongolia.

Grazie ad uno stratagemma sono riusciti a nascondere al fisco redditi percepiti per oltre  cinque milioni di euro, ma sono stati scoperti e denunciati dalla Guardia di Finanza di Biella. Nei guai sono finiti cinque imprenditori del Cachemere: tre di nazionalità italiana  – due di loro sono biellesi – e due provenienti dalla Mongolia. Pesanti le accuse mosse nei loro confronti: associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e al contrabbando, dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documentazione contabile obbligatoria, indebita compensazione effettuata mediante crediti iva inesistenti e contrabbando aggravato per  evasione dell’iva all’importazione.

E’ una vera e propria “frode carosello”, anche se atipica, quella portata alla luce dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle di Biella. Veniva messa in pratica mediante l’utilizzo di “depositi fiscali” ai fini Iva: particolari istituti giuridici che consentono, una volta introdotte merci importate da paesi extra-UE, di poter “sospendere” il pagamento dell’Iva all’importazione fino al momento dell’ “estrazione” di tali beni dai depositi.

E’ emerso infatti che i promotori dell’organizzazione – un imprenditore biellese di  45 anni, residente nel Principato di Monaco e operante nel settore laniero tipo “cashmere”  e il suo “braccio destro”, un 32enne residente a Como, abbiano costituito una società “fantasma” con sede legale a Milano. Una realtà che veniva formalmente amministrata da un 39 enne di nazionalità mongola che si è però  rivelato una mera “testa di legno”. Il 39enne in pratica provvedeva ad introdurre cashmere importato da società mongole in depositi fiscali  in sospensione Iva. Queste merci merci venivano successivamente estratte dal deposito – omettendo il versamento dell’Iva – e cedute a società amministrate da un imprenditore settantenne biellese ma di fatto dal residente monegasco, reali beneficiari della frode.

«La società milanese, obbligata al pagamento del tributo – spiegano i finanzieri –  è risultata sprovvista di qualsiasi consistenza patrimoniale e finanziaria alla stregua di un vero e proprio “missing trader”». Nel corso dell’operazione le Fiamme Gialle ha posto sotto sequestro  notevole mole di documentazione e  dispositivi elettronici di memoria, la cui analisi approfondita ha consentito di rinvenire numerose mail a dimostrazione del sistema di frode messo in atto.

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