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Cronaca

Le mani dell’andrangheta sul Biellese

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Estorsione, racket, sequestri di persona. Le mani su night, ristoranti e altre attività commerciali. Sono elencate in trenta pagine le accuse della Procura antimafia di Torino alla ’ndrangheta piemontese, rappresentata a Biella dal clan della famiglia Raso, titolare della «locale» (ossia della cosca) di Santhià. Che l’ombra della mafia calabrese incombesse anche in zona l’avevano scoperto i finanzieri del Gico, che nel luglio scorso avevano firmato una maxi-operazione coordinata dalla Dda di Torino, e dai pm Monica Abbatecola, Enrica Gabetta e Paolo Toso. 

 

Ora i pm hanno chiuso l’inchiesta e hanno inviato l’avviso di fine indagini alle 32 persone finite nel mirino della Guardia di finanza. Fra cui i cinque componenti biellesi della famiglia Raso, che secondo gli investigatori spadroneggiavano non soltanto nella zona di Cavaglià, Dorzano e Santhià. Chiedevano il pizzo per non mettere bombe davanti ai locali anche a Casale Monferrato, e avevano preso di mira un immobiliarista di Novara con minacce esplicite, in caso di mancato pagamento del «pizzo»: «C’è solo un posto dove puoi andare e non ti possiamo prendere: in Papuasia…». Un componente della famiglia è accusato anche di aver organizzato il sequestro di un imprenditore novarese.

Le mani della ‘ngrangheta sul Biellese. E’ inquietante il quadro emerso dall’inchiesta, che si è chiusa nei giorni scorsi, svolta dalla procura antimafia di Torino. La malavita organizzata avrebbe spadroneggiato per anni nella zona di Cavaglià, Dorzano e Santhià, con richieste di pizzo e minacce di bombe nei locali.

La maxi operazione degli investigatori risale al luglio scorso quando vennero eseguiti 18 provvedimenti cautelari (15 di custodia cautelare in carcere, 1 di arresti domiciliari trattandosi di un ultrasettantenne, e 2 di obblighi di presentazione alla PG), per associazione mafiosa (‘ndrangheta) armata e concorso esterno in associazione mafiosa, una serie di gravi reati di estorsione, detenzione e porto di armi, danneggiamenti aggravati, incendi, sequestro di persona (605 cp) e un tentato omicidio aggravato.

Trattasi di indagine ampia ed articolata condotta da diverse forze di polizia (in primis Gico di Torino, Squadra Mobile di Torino e di Biella, unitamente ai CC della Stazione di Volpiano che hanno condotto le indagini per il grave tentato omicidio occorso nel luglio 2010 a Volpiano a danno di TEDESCO Antonio) che ha permesso di individuare una cellula ‘ndranghetista (esponenti della cosca Raso-Gullace-Albanese) operativa nel territorio dell’alto Piemonte, spaziando nelle province di Torino, Biella, Vercelli e Novara ( si parla convenzionalmente del “locale di Santhià” sulla base di una conversazione intercettata nel 2010) in costante collegamento con altri esponenti della medesima associazione mafiosa , dimoranti nella provincia di Torino (nella specie Saverio e Rocco Dominello, esponenti della cosca Pesce Bellocco di Rosarno).

Le indagini hanno accertato condizioni di evidente assoggettamento e omertà dimostrate anche da reticenze e assenze di denunce di fatti emersi grazie alle operazioni di intercettazione telefonica e ambientale. Le uniche denunce sono riconducibili a fatti (incendi e danneggiamenti aggravati principalmente) che hanno determinato nell’immediatezza l’intervento delle forze del’ordine, ma sono risultate comunque reticenti in relazione alla mancata indicazione di rapporti pregressi con i prevenuti.

Sono state evidenziate ipotesi di vera e propria guardianìa verso locali di intrattenimento notturno, soggetti ad una vera e propria protezione mafiosa, i cui gestori, escussi nel corso delle indagini, hanno escluso di essere vittime di estorsione negando rapporti con i prevenuti che le operazioni tecniche hanno invece certificato con certezza. Tra i fatti di maggior gravità un sequestro di persona perpetrato nel novarese nel 2010 a danni di un imprenditore e un tentato omicidio pluriaggravato commesso nel luglio 2014 a Volpiano a danno di Tedesco Antonio riconducibile a pregresse offese perpetrate nei confronti di Saverio Dominello nell’ambito della gestione poco limpida di un night club.

Per tale fatto sono stati arrestati Dominello Saverio e Rocco, rispettivamente padre e fratello di Michele e Salvatore, condannati in primo e secondo grado dall’AG torinese per art. 416 bis c.p., quali partecipi al locale di ‘ndrangheta di Chivasso nel procedimento Colpo di Coda. Sono stati eseguiti anche 5 decreti di sequestro preventivo emessi nei confronti degli indagati MICCOLI Antonio; RASO Antonio; RASO Giovanni (1963); DOMINELLO Saverio; DOMINELLO Rocco. Tra i compendi in sequestro meritano menzione alcune società aventi ad oggetto lavorazioni edili; vetture di lusso, immobili e terreni, sia in provincia di Biella, sia in provincia di Lecce”.

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