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Cronaca

Biella piange Max Favero, “capriccioso e scorbutico, signore e poeta”

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Franco Fortunato lo ricorda così Max Favero: «Ci hai sempre trascinato nel tuo mondo, costringendoci a guardare con occhio critico il nostro presunto mondo “normale”, fatto di stress, lavoro, formalismo, opportunismo. Mi mancherai, ci mancheranno le tue sortite in più lingue, il tuo interesse per le cose belle e semplici, i tuoi scatti d’ira, i tuoi “carai”».

Più che una e vera e propria cerimonia funebre, un saluto semplice, tra amici e gente che gli ha voluto bene.  Questo è stato il funerale di Max Favero, l’uomo di 68 anni scomparso sabato scorso a causa di un tumore. Un centinaio di amici si sono dati appuntamento lunedì al cimitero urbano per salutarlo un ultima volta.

Se ne andato in punta di piedi, proprio come avrebbe voluto. Max si è spento in un letto dell’ospedale di Biella sabato scorso.  La sua era una figura molto nota in città. Il suo modo di fare e di vestire, molto anticonformista, era oramai inconfondibile per chi puntualmente lo incontrava in via Italia. “Carai, oggi è una bella giornata di sole, vado in valle a raccogliere le more”. Una frase che recitava spesso durante la stagione estiva. Max amava la valle del Cervo, meta di tante giornate spartane trascorse in mezzo ai prati e in riva al torrente. Carai, perchè tanti anni fa fece un viaggio ai Caraibi, da allora decise di adottare questa abbreviazione per colorare le sue frasi, pronunciate da vero intellettuale, d’altra parte quello che era.

Amava leggere, la sua camera da letto era piena zeppa di libri, molti dei quali legati alla fantascienza. Chi potrà mai dimenticare quella  barba incolta che si mescolava al colore dei suoi capelli grigi poco curati? Dettagli che ne aumentavano il fascino, perché di fascino ne aveva da vendere. Il  suo amico Franco Fortunato lo ricorda cosi: «Capriccioso e scorbutico, Signore e Poeta, ci hai sempre trascinato nel tuo mondo costringendoci a guardare con occhio critico il nostro presunto mondo “normale”, fatto di stress, lavoro, formalismo, opportunismo. Non che tu ne potessi restare completamente fuori, ma le tue scelte e la tua indole ti spingevano ad andare in un’altra direzione. Un luogo dove il rapporto con gli altri rappresentava la questione essenziale. La tua rete di relazioni umane e sociali, esplosa in tutta evidenza nel flusso di amici che sono venuti a trovarti in ospedale, era la tua base esistenziale. E noi a pensare e a dirti di metterti un po’ in quadro, di normalizzarti, di apparire più civile, adesso forse ci rendiamo conto della tua profonda coerenza. Eri così e sei stato così, sulla tua pelle. La tua curiosità intellettuale ci ha stimolato tutti. Mi mancherai, ci mancheranno le tue sortite in più lingue, il tuo interesse per le cose belle e semplici, i tuoi scatti d’ira, i tuoi “carai”. Ci hai dimostrato come si possa mantenere una grande dignità pur vivendo in un modo ritenuto conformisticamente poco degno.  Come al solito sei riuscito a folgorarmi anche in questi giorni, quando mi hai sibilato in inglese “the sunset of life”, è il tramonto della vita. Avevi capito tutto. Ciao, Max, resterai nei nostri pensieri». Nei pensieri di chi ha perso un amico in una brutta giornata di fine estate.

Mauro Pollotti

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