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Cronaca

A Biella c’è l’Ndrangheta

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A Biella c’è la mafia, nella sua declinazione calabrese, l’Ndrangheta. Il suo centro di potere risiederebbe tra Dorzano e Cavaglià.

A Biella c’è la mafia, nella sua declinazione calabrese, l’Ndrangheta. Il suo centro di potere risiederebbe tra Dorzano e Cavaglià.  I nomi che leggiamo sono noti alle cronache da molti anni e, per i più attenti, la notizia suona addirittura come una non notizia. I Pubblici Ministeri di Torino hanno chiesto svariate condanne per 13 imputati quasi tutti risiedenti nella nostra Provincia. Secondo i saremmo in presenza di una rete ramificata in tutto il nord Piemonte e sulla cui testa pendono pesantissime accuse che vanno  dall’associazione per delinquere di stampo mafioso a delitti in materia di armi ed esplosivi.
Si parla anche dei “classici” reati contro il patrimonio (furti e rapine), a quelli contro  la vita e l’incolumità individuale (tentati omicidi, lesioni, sequestro di persone).

Ovviamente non poteva mancare il commercio di sostanze stupefacenti, l’estorsione, l’ usura, l’esercizio abusivo di attività finanziaria, il riciclaggio, la corruzione, il favoreggiamento di latitanti ma anche la corruzione e coercizione elettorale. Sarà quindi interessante sapere come andrà a finire il processo, per quali accuse verranno spiccate le condanne e/o se vi saranno delle assoluzioni.

Il dato che emerge però, sia per il numero degli imputati che per la gravità dei reati contestati, è che non si sta parlando né di fenomeni isolati né, tantomeno, episodici  ma di una rete criminale che le autorità competenti debbono fermare.

Ma quello che è successo tra Dorzano, Cavaglià e il nord ovest Piemonte – se dovesse essere confermato con una sentenza – ci dice quello che è oramai noto da una ventina d’anni: la Mafia (nelle sue varie declinazioni e definizioni) non è un soggetto criminale operante solo nel meridione d’Italia ma ha basi solide e affari molto redditizi anche al Nord. La nostra società è infettata da un “contropotere” criminale che, per vivere, ha bisogno anche del potere “legittimo” altrimenti non si spiegherebbe la sua pervasività e longevità. Un potere legittimo – sia politico che economico – che ha, invece, in questi anni dimostrato di non avere problemi ad intrattenere affari con quello mafioso.

Aprire gli occhi, parlarne, segnalare e denunciare è l’unico strumento che i cittadini e le cittadine comuni hanno in mano e che può permettere di avere giustizia e ristabilire la legalità. Le istituzioni dovrebbero prendere atto di questa situazione e non continuare a girare la testa dall’altra parte. L’indifferenza è già complice e la complicità è già parte di quel sistema mafioso che è uno dei tumori che infettano il nostro presente.
 Roberto Pietrobon

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